INTRO
Se è vero che tra l'oggetto HiFi e l'appassionato di Audio non esiste una relazione diretta, essendo due realtà ben distinte, non si può negare che la composizione di un impianto implichi delle logiche che tendono a coinvolgere entrambi. L'apparecchio da una parte, con delle potenzialità che l'audiofilo esperto può subito intuire ma non stabilire con certezza, dato il suo comportamento variabile a seconda del contesto, dall'altra i gusti personali (che comunque in alta fedeltà non dovrebbero avere diritto di cittadinanza), i quali certamente finiscono per caratterizzare la catena nel suo complesso. Ci sono poi degli appassionati, come l'amico Giacomo Pagani, che non amano soffermarsi su una particolare soluzione, ma desiderano spaziare tra le tante possibili, maturando alla fine una cultura enciclopedica sulla materia, creando così un orizzonte che va progressivamente allargandosi. Questa seconda categoria, alla quale lui appartiene, è probabilmente quella più titolata a dare un consiglio che sia attendibile, poiché non affetto da talebanismi ma basato su ampie conoscenze. Ho avuto il piacere d'incontrarlo più d'una volta, traendo in due occasioni un articolo che ho poi pubblicato sulle pagine di questo sito.
Nella sezione: "I miei pomeriggi audiofili" sono ormai diciannove gli scritti presenti, testi che, tengo a precisare, non hanno la pretesa di sostituirsi ad alcunché (la parola non può prendere il posto della sensorialità acustica) ma rappresentare una memoria storica delle mie molteplici esperienze d'ascolto, che ho sempre tenuto indissolubilmente associate all'"Artifex", in buona sostanza la persona che ha avuto la gentilezza di ospitarmi. Il primo appuntamento con Giacomo è riportato in "Largo ai giovani! (Dicembre 2008), mentre di molti anni posteriore è il secondo "Un pomeriggio trascorso fra "amarcord", tecnica e musica (Maggio 2021). Lui di strada ne ha fatta davvero tanta, la sua raffinata "penna" è stata notata da autorevoli riviste come Fedeltà del Suono, Audioreview e Audiogallery, che lo hanno poi accolto come redattore. Per me è soprattutto uno degli amici della prima ora con cui ancora oggi ogni tanto m'incontro, sempre pronto a raccontare le sue storie di passione audio e trasfigurarle nel suono delle sue catene.
L'ETERNO RITORNO
Chi mi conosce sa che amo filosofeggiare e una delle formulazioni di pensiero più suggestive che io abbia mai incontrato è "L'eterno ritorno", teoria filosofica di Friedrich Nietzsche che riguarda la concezione del tempo ciclico, in base alla quale l'universo rinasce e rimuore in base a cicli temporali fissati e necessari, ripetendo eternamente un certo corso e rimanendo sempre se stesso. Ma cosa c'entra questo con una seduta audiofila? È solo un modo per riportare in HiFi un concetto di validità generale, sintomatico di una verità inconfutabile che, in questo caso, ha come unico giudice l'orecchio. Detto in soldoni, un eterno ritorno può esserlo quello degli amplificatori valvolari e dei monovia. Se può sembrare anacronistico in un'era di estremizzazione tecnologica come la nostra parlare di amplificazioni a valvole, sensibilissimi diffusori largabanda e incisioni viniliche, addirittura mono, io credo fortemente che tutto ciò non solo sia ancora attuale ma foriero di sensazioni d'ascolto irrinunciabili per ogni appassionato. Da qui il ritorno, in epoca di streaming musicale su Internet, a quel "vecchio" che è in grado di sorprenderci, di favorire un'immersione acustica connotata dall'alta risoluzione, anche estrema, talmente spinta che può apparci come la più alta possibile.
A questa grande lucidità del messaggio musicale fa il paio un'Hi-End dotata di uno spolvero di eleganza e signorilità che avevamo dimenticato, emanante un fascino più unico che raro.
IL PERCHÉ DI UNA "CONVERSIONE"
Nel maggio 2021 ci eravamo lasciati con un impianto diverso, alcuni oggetti sono rimasti, mentre altri che erano riposti in un ambiente adiacente hanno preso posto nella catena principale. Giacomo esordisce: "Come forse ricorderai, avevo già un impianto nello studiolo dietro il salotto con una sola Loth-X Minstrel, messa in una configurazione dove ascoltavo in monofonia con le amplificazioni Sakuma". In realtà quella odierna prevede non uno ma due impianti, uno mono e l'altro stereo. Nel precedente appartamento, siccome nella cameretta non c'era spazio a sufficienza, ascoltava con un solo diffusore, pilotato a monte da un preamplificatore, finale di potenza e testina, tutti mono. Era una soluzione che gli piaceva talmente tanto da mettere addirittura in discussione quella principale. Quando, infatti, ritornava in salotto e ascoltava con le Acapella High Violon 2001, si rendeva conto di uno scollamento esistente tra le varie gamme, non diversamente percepibile se non con un confronto ravvicinato. Dopo aver ascoltato per ore, per giorni con la singola Minstrel, ritornato sulle Acapella si accorgeva che il basso andava a una marcia completamente diversa rispetto al resto. Non riusciva più a convivere con quel difetto che il compianto amico Pietro Pesenti gli aveva spiegato nel corso dei loro pregnanti incontri audiofili.
Pietro ne parlava sempre davanti ai suoi tanti ottimi impianti, affermando come per lui la coerenza venisse prima di tutto il resto. E con questo sistema Giacomo ha finalmente compreso cosa questo termine volesse significare, pur nella condizione d'ascolto che può concedere un locale molto piccolo. Una volta trasferitosi nella sua attuale abitazione, ha allestito l'impianto nella taverna portando in prima istanza le Acapella (erano pur sempre le sue ammiraglie), amplificate con l'abbinata Manley: preamplificatore Steelhead RC e amplificatori finali di potenza mono Reference 350. Riteneva soddisfacente il risultato (anche se un certo "tarlo" lo rodeva incessantemente), pur se migliorabile nel nuovo ambiente con qualche aggiustamento. Nel corso del trasloco ha portato le Loth-X, volendole confrontare con le High Violon 2001. È rimasto talmente impressionato dal suono del largabanda da parcheggiare per qualche tempo le Acapella nella cantina del vino, non vendendole subito ma perseverando nell'uso delle Minstrel. "Se passano mesi", si è detto, "e io non riscontro un limite nei diffusori monovia tale da farmi rimpiangere le Acapella, andrò avanti con i primi." Alcuni mesi passarono e l'ora delle decisioni irrevocabili scattò: nel maggio 2023 (le aveva acquistate nel maggio 2017), ha venduto le Acapella, le ha tenute precisamente sei anni, che per lui non è poco. Dobbiamo tenere presente che quando gioca con l'alta fedeltà possiede magari un apparecchio per soli sei mesi.
LAVORI IN CORSO
IL POSIZIONAMENTO
La rampa di miglioramento ha attraversato un periodo che va dal giorno uno a oggi, parliamo di un'incessante lavorio finalizzato al posizionamento millimetrico delle casse rispetto all'ambiente e al punto d'ascolto, quello che gli audiofili chiamano lo "Sweet Spot", la loro esatta simmetria rispetto al sistema e al punto d'ascolto. Ma come mai tale certosina attenzione nel posizionamento? Giacomo afferma che nella sua esperienza è stato uno dei fattori vincenti, soprattutto quando non si dispone di un locale trattato acusticamente da professionisti e quindi bisogna arrabattarsi con l'arredamento. Nel momento in cui occorre pensare a questo, diventa ancor più importante fare tutto il possibile per mettere l'impianto nelle condizioni ottimali affinchè il suono emesso raggiunga le orecchie in modo impeccabile. Dobbiamo dunque passare a qualche numero. Le due Minstrel distano dalle orecchie di chi siede nella poltrona esattamente 2,85 m ciascuna, distanti tra loro 2,55 m. Sono orientate secondo angoli precisi, in modo tale che ciascuno dei loro spigoli punti verso l'amplificatore che sta al centro della scena: l'integrato Loth-X JI 300B SE. Una medesima distanza intercorre tra gli spigoli delle casse e quelli del frontale dell'amplificatore, mentre quest'ultimo è esattamente al centro della mediana dell'impianto.
"Quando siedo nella poltrona sono precisamente di fronte all'amplificatore, il quale è esattamente al centro dei due diffusori, che sono esattamente equidistanti dalle mie orecchie. Ho creato quindi dei riferimenti che, essendo la catena in una posizione obliqua rispetto alle pareti, non erano tracciabili sul pavimento." La condizione in diagonale e dell'ambiente asimmetrico attorno all'impianto lo ha costretto a lavorare con il laser all'interno di esso, così da ottenere delle precise simmetrie. La particolareggiata descrizione del posizionamento è stata fatta per farmi capire quanto sia stato importante l'affinamento micrometrico delle varie collocazioni ai fini dell'equilibrio timbrico dei diffusori. Il giorno che ha portato la Minstrel nella casa di Busto Arsizio, questa suonava come un citofono. Aveva si una velocità fulminante, che lo aveva veramente sbalordito, insieme a un dettaglio incredibile e una capacità di analisi superiore a quella delle Acapella. D'altro canto il suono risultava completamente svuotato in gamma bassa. A furia di sperimentare le variazioni dell'equilibrio tonale e come rispondeva il nuovo ambiente, si è arrivato a conseguire un risultato alla fine sembrato ottimale.
Il metodo individuato è stato fondamentalmente quello della logica dei terzi che ha trovato sul sito della Cardas, tra i tanti che possono essere messi in atto l'ha riconosciuto come il più applicabile al suo locale d'ascolto. Tracciata quindi la linea mediana, la quale parte dal muro posteriore all'impianto e arriva dietro la poltrona, ha misurato un terzo per il frontale delle casse, a un secondo terzo ha individuato il punto d'ascolto, mentre all'ultimo terzo c'è il muro. In realtà non sono terzi micrometricamente precisi, per via dell'asimmetria della taverna, per cui ha puntato allo spigolo della parete, prendendolo come via di mezzo tra la più vicina e la più lontana, dove c'è la libreria. Da questi terzi sono stati fatti degli scostamenti di qualche decina di centimetri, nella ricerca del suono desiderato. Sembra inverosimile, ma anche differenze di tre o cinque centimetri avevano una sensibile ricaduta sul suono. Le frequenze medio-alte degli altoparlanti biconici tipo Lowther hanno un picco abbastanza pronunciato, che lui stesso ha misurato, intorno ai 10 kHz. Se si riesce in qualche modo a smussare questa colorazione del trasduttore, è possibile spuntare una miglior percezione delle basse frequenze.
Beninteso, non è che spostando il sistema di qualche centimetro si guadagnano chissà quali bassi, ma gli acuti diventano meno preponderanti nel bilanciamento tonale e il cervello ha la possibilità di ricostruire una risposta più lineare. In questa configurazione faticosamente conseguita non sente la mancanza delle Acapella, che ha venduto nel maggio dell'anno scorso. "Sono contento del risultato ottenuto. Il percorso è stato molto particolare, come lo sono gli oggetti della mia catena", afferma alla fine soddisfatto Giacomo.
L'IMPIANTO STEREO
Nella taverna coesistono una catena stereo e una mono. Nella stereo abbiamo, partendo dalle sorgenti, il giradischi Technics SL-1000 MK2 con braccio EPA-100 e testina Fidelity Research FR1, giradischi Simon Yorke Zarathustra S4 con braccio Zarathustra S e testina Van Den Hul The Grasshopper IV GLA. Entrambi convogliano nel preamplificatore stereo Manley Steelhead RC, usato per la parte Phono e non Linea. Come sorgenti digitali stazionano un lettore CD Revox B226S, versione Schwartz, famosa anche per equipaggiare il noto DAC Philips 1541 S1 Silver Crown. La seconda sorgente digitale è basata sul Mac Mini, connesso in streaming, che fa capo al convertitore D/A RME ADI-2 DAC FS. Tali sorgenti entrano nell'amplificatore integrato Loth-X JI 300B SE, con le valvole finali della Western Electric.
L'IMPIANTO MONO
L'idea dell'impianto monofonico proviene proprio da questa "recherche du temps perdu" dei fasti sakumiani. Giacomo da ragazzo andava spesso a trovare il compianto Pietro Pesenti, suo mentore storico scomparso qualche tempo fa. Dopo la sua morte la famiglia ha iniziato a mettere in vendita i tanti oggetti che possedeva, una vasta collezione divenuta nel tempo una sorta di museo dell'alta fedeltà, poiché nessuno dei suoi congiunti aveva questa passione. Si è dunque fatto avanti, dicendo alla vedova e cara amica Lucia che non era sua intenzione osare, ma visto che gli apparecchi erano in vendita voleva impossessarsi di alcune cose cui era molto affezionato. Desiderava insomma portare avanti il testimone di Pietro. Avevano parlato di alcuni oggetti Be Yamamura, che però erano stati già ceduti ad altri, i Sakuma invece c'erano ancora, anche se non si aspettava che fossero ancora lì. Pietro li usava soprattutto con i diffusori Audio Note. Anch'io sono stato a casa sua qualche volta e ricordo un ascolto fatto proprio con gli amplificatori Sakuma e le Audio Note da piedistallo AN-J. È successo l'ultima volta che ci siamo visti, lui mi parlò a lungo del progettista giapponese.
Passiamo quindi alla catena monofonica, che è composta dai medesimi diffusori, i Loth-X Minstrel, usati però in una configurazione Dual-Mono, riproponendo lo stesso segnale amplificato dai due finali di potenza, che sono i Sakuma Concord VV300B/845 Push-Pull. La sorgente è esclusivamente analogica: il giradischi Garrard 401 con braccio Ikeda IT 407 e Gray Research 108, quest'ultimo ospitante la testina Denon DL-102, è con questa che abbiamo condotto gli ascolti. Preamplificatore Phono è il monofonico Sakuma RCA-5691 PP/RCA-841 PP/WE-300B PP, al quale potremmo dedicare non un articolo a parte, ma un intero trattato. Tornando a bomba al Garrard 401, questo montava anche un altro braccio, l'Ikeda IT 407, al momento corredato di una testina Benz Glider, che però era lì solo per provare il sistema e l'interfaccia "insolita" con il pre Sakuma. Questo, infatti, nonostante disponga di due connettori RCA d'ingresso, ha in origine una sola presa (tap, in gergo tecnico) del trasformatore connessa a entrambi, vale a dire quella da 300 Ohm, specificamente pensata per la Denon DL-102.
Quando il pre Phono è stato restaurato si è pensato che fosse uno spreco adibire due ingressi alla stessa impedenza, così una delle due RCA è stata collegata su un altro tap del trasformatore d'ingresso, precisamente quello da 40 Ohm. Nella sua attuale configurazione troviamo dunque un ingresso da 40 Ohm e un altro da 300 Ohm: il primo serve per far sbizzarrire Giacomo con varie testine MC (purché di alta impedenza interna), mentre l'ingresso a più alta impedenza è riservato alla tradizionale DL-102, molto amata da Susumu Sakuma e utilizzata per gli ascolti. Il piccolo trucco di collegare le bobine della testina stereo in serie, anziché in parallelo, consente di alzare l'impedenza il più possibile per renderla adatta all'ingresso da 40 Ohm. L'obiettivo finale del possessore di questo mirabolante impianto è una Miyajima, che ha un'impedenza interna intorno ai 15 Ohm per canale, che con le bobine in serie diverrebbe 30 Ohm circa, abbastanza vicina quindi ai 40 Ohm dell'ingresso. I cavi sono sollevati dal pavimento tramite dei cubi di legno della Yamamoto, non ci sono delle speciali velleità in questa scelta, nemmeno la volontà d'inseguire una moda audiofila, ma semplicemente lo scopo di distanziarli dai cavi di alimentazione degli amplificatori.
Una sorta di sopraelevata che allontana il cablaggio di potenza da tutti gli altri, per evitare interferenze che possano inficiare l'estrema silenziosità della catena. Nella taverna di Giacomo regna un silenzio assoluto e ogni minimo disturbo verrebbe percepito. La linea elettrica che va agli impianti è dedicata, prelevata direttamente dal contatore e non fatta passare dall'impianto fotovoltaico, dispone dunque di una cassetta e un quadro a sè stanti. "Cosa faccio allora per passare da una catena all'altra?" Dice Giacomo, "Stacco i cavi dai morsetti dei diffusori, li scollego dall'amplificatore integrato stereo, li attacco ai due finali monofonici, accendo le apparecchiature dedicate e sono pronto per l'ascolto."
IL MONDO DI SUSUMU SAKUMA
CHEF IN CUCINA E NEL LABORATORIO ELETTRONICO
Susumu Sakuma nel suo ristorante Concord di Tateyama faceva solo un piatto, a base di hamburger, ma lì si potevano ascoltare tutte le sue creazioni valvolari, in mezzo a diffusori come le Altec A5, insieme a qualche modello di Lowther simile allo STAMM montato sulle Loth-X Minstrel. Oggi il "maestro" appare come una figura mitica dell'alta fedeltà, tra le sue mani elevata a forma d'arte poiché era riuscito a conferire un carattere quasi umano alle sue creazioni. Era uno chef, poeta e costruttore di amplificatori a valvole che pubblicò articoli sulla rivista audio giapponese MJ dal 1978 al 2018. Era un mondo a parte, non avendo nulla a che fare con l'Hi-Fi moderna. Per lui il rapporto tra la registrazione e l'amplificazione doveva essere particolarmente stretto, una sorta di vestito di "haute couture" cucito adosso alla musica registrata. Arrivava a costruire un amplificatore per un solo scopo, riprodurre un brano da un album. Credeva che sarebbe bastato un sistema audio monofonico per raggiungere i suoi obiettivi, convinto che la relazione tra mono e stereo fosse simile a quella di una fotografia in bianco e nero e una a colori.
C'era un preciso motivo per cui pilotava le Altec A5 con i suoi valvolari Push-Pull dotati delle 845, la sua idea era che un amplificatore non dovesse riprodurre pedissequamente il suono originale della registrazione ma, in qualità di poeta, voleva ricreare l'immagine che si creava nel suo cuore quando ascoltava la musica, ovvero un "suono a gamma ristretta con una solida struttura". Ecco perché la sua ricetta di base era un triodo riscaldato direttamente con amplificatori accoppiati a trasformatore, a lui non interessava se questa soluzione era diventata obsoleta dopo la pubblicazione dell'amplificatore Williamson nel 1947. La sua era una scelta ponderata, frutto di un'intensa sperimentazione condotta su innumerevoli circuiti in età giovanile. Ma non fu soddisfatto finché non incontrò un amplificatore accoppiato a trasformatore con triodi riscaldati direttamente. Poeta sempre e comunque, anche nel suo stile di scrittura; i suoi non erano i tipici articoli che si pubblicano sulle riviste audio fai da te, tanto che li apriva e chiudeva con una sua poesia. In questi si parlava non solo di audio, ma anche di poesia, film e musica, talvolta pure di pesca, karaoke e pachinko (gioco d'azzardo giapponese).
N.B. Il paragrafo dedicato a Susumu Sakuma è tratto dal sito Audio Feast Premium Audio Components.
DALLO STEREO AL MONO
INVOLUZIONE O EVOLUZIONE?
Con il suo impianto monofonico Giacomo ha voluto fortemente instaurare una coerenza filosofica con il percorso di Susumu Sakuma. Pietro possedeva due amplificatori finali di potenza mono e un preamplificatore anch'esso mono. I due finali non erano stati realizzati da Sakuma per un appassionato che aveva sposato la configurazione stereo; in realtà, le diciture riportate con il pennarello su uno dei condensatori: "Low" e "High", dimostrano che questi erano stati pensati per amplificare la via bassa e la via alta di una Altec. Le amplificazioni Sakuma non hanno uno specifico nome ma vengono identificate per il tipo di valvole implementate e per la circuitazione. Il pezzo forte della catena mono è considerato essere proprio il preamplificatore Phono Sakuma a cascata di stadi, equipaggiato con tre tipi di tubi: le RCA-5691, che pilotano le RCA-841, le quali fanno da driver alle WE-300B. È tutto in configurazione bilanciata Push-Pull, da testa a piedi. Nello schema circuitale è compreso un trasformatore d'uscita Tamura F-2012, che ha una specifica d'uscita di 100 Watt, caratterizzando potenzialmente come "finale" questa straordinaria elettronica dotata di dispositivi di potenza Western Electric 300B.
Ovviamente non può essere usato come tale perché il suo ingresso è dedicato a una testina, mancando la catena di guadagno per uscire con dei Watt importanti. Questo fa capire quale razza d'idea avesse in mente Sakuma quando realizzò questo pre Phono "corazzato" come un finale di potenza. Si potrebbe pensare che tutti questi stadi in cascata sono un inutile spreco e che possano anche degradare il segnale (peggiorando per di più il rapporto Segnale/Rumore), ma nulla di tutto ciò avviene poiché nella realtà dei fatti questo pre si rivela essere il modo più silenzioso che si possa immaginare per elevare con autorevolezza il segnale proveniente da un fonorivelatore. Notevoli il suo ingombro e peso, 30 kg, dato anche dai vari trasformatori Tamura. Come sorgente troviamo un nobile giradischi Garrard 401. Ricapitolando, le Loth-X Minstrel sono pilotate dai due finali monofonici, i quali a loro volta sono alimentati in parallelo dall'uscita mono del preamplificatore Phono, anch'esso monofonico, il quale va ad amplificare il segnale proveniente dalla testina Denon DL-102. Il trittico analogico formato dal giradischi Garrard 401/braccio Gray Research 108/fonorivelatore Denon DL-102 è esattamente quello che utilizzava Sakuma, al netto della base.
Il progettista giapponese ne utilizzava una in legno, più semplice e spartana di quella che ha Giacomo, che invece è molto più sofisticata: un multistrato molto pesante con finitura noce. Due basette ospitano il braccio Gray Research 108 e l'Ikeda IT 407, sul quale il possessore ambisce montare testine più moderne, anche stereo, ma che a ogni modo intende far gestire sempre dal pre Phono Sakuma per ottenere due sonorità diverse: quella che fu del maestro con la Denon DL-102 e altre più moderne con diverse filosofie di braccio. Per completare l'esperimento di adesione a quello che fu il mondo del progettista giapponese, è stato compiuto un meticoloso restauro degli apparecchi rilevati e l'acquisizione di registrazioni monofoniche idonee alla storia e alle caratteristiche di quegli oggetti. Non poteva certo imbarcarsi nell'avventura ascoltando i propri dischi e le registrazioni odierne, ma ha ritenuto idoneo aderire alla filosofia sakumiana sin dal genere preferito, il Jazz degli anni '50. Quindi, tutte registrazioni monofoniche da dare in pasto a oggetti pensati specificamente per riprodurle. Questo non vuol dire che non sia possibile apprezzare altre registrazioni, tuttavia in quelle monofoniche degli anni '50 viene fuori l'anima più autentica di questi valvolari.
Alcuni dischi mono di quegli anni hanno una presenza, un impatto e una timbrica incredibili. Avendo poi un unico solco monofonico, dunque maggior spazio a disposizione, permettono di non distribuire la dinamica a disposizione su due canali ma di darla tutta in un'unica soluzione. Un centinaio di dischi monofonici, provenienti dal Giappone, sono entrati nella collezione, tutte ristampe giapponesi Blu Note, presumibilmente quelle che aveva il maestro. Così è stato coronato il sogno Sakuma. Di questi vinili ha fatto una categoria a parte nella sua discoteca.
LA COMPETENZA
VEXATA QUAESTIO
Si tratta di soluzioni che a me sono sembrate particolarmente ricercate, anche se a suo parere quello della raffinatezza è un tema dibattibile. Gli attuali appassionati di HiFi associano a questo termine l'uso di materiali come il Carbonio, Berillio, Acciaio, Alluminio e altri. Oppure diffusori multivia con tanti altoparlanti. Il Loth-X è al contrario un monovia costruito artigianalmente, fatto di carta e legno e amministrato da tante valvole: questa per lui è raffinatezza. Qualcun'altro potrebbe non avere la stessa opinione, ma poi quando ascoltano quest'impianto la cambiano. Come sempre, le abilità non cadono dal cielo ma vengono acquisite battendo una strada che può essere più o meno lunga. Giacomo Pagani è avvantaggiato dal fatto di essere stato redattore d'importanti riviste come Fedeltà del Suono, Audioreview e Audiogallery, così ha potuto provare talmente tante cose da aver lentamente sconfitto tutti i suoi talebanismi. All'inizio la passione trova un suo riferimento in un guru, che indottrina il novizio. Si passa allora attraverso delle negazioni, filtrate dagli assolutismi del guru, finendo per diventare una specie di robottino guidato dall'espertone di turno. Ci si scontra sui Social e sui Forum, si comincia a portare avanti una missione inutile, si litiga con altri appassionati.
Poi a furia di frequentare le fiere, fare prove di apparecchi e andare a casa di persone che hanno dei buoni impianti, com'è capitato a lui, si comprende che tutti quei "diktat", autoimposti o emanati da altri, sono limitanti. Inizia a far breccia nell'iniziale assolutismo una maggior democrazia. Si fa esperienza, si attraversano tante filosofie e configurazioni: si passa dalle valvole allo stato solido, dall'alta efficienza alla bassa, dai diffusori a tromba alla radiazione diretta, monovia, multivia. Passa tutto e a un certo punto ti accorgi che se dedichi le giuste risorse a ogni tipo d'impianto riesci ad ascoltare un'ottima musica. Dopo tanti anni può dire di essere totalmente "disinfettato" dall'avversione verso qualsiasi tecnologia. Non ha nessuna difficoltà a passare dal suo attuale sistema, che è molto particolare, a quello di un appassionato che si è dotato della più classica delle B&W, pilotata da un'amplificazione a stato solido, e godersi con altrettanto piacere un'HiFi nettamente diversa dalla sua. Tra un anno potrebbe radicalmente cambiare la sua catena, giusto per provare qualcosa di nuovo, dotandosi magari delle B&W Nautilus a quattro vie e giocare con quelle. In questo momento si dichiara molto contento, anche per avere tracciato un solco in una passione che poche persone oggi continuano a coltivare.
Ha conosciuto diversi professionisti, tra cui Giovanni Riccardi, il restauratore che ha avuto a che fare con gli apparecchi di Sakuma quando negli anni '90 c'era l'Hype a Milano e sia Donzelli che Lazzari ogni tanto lo invitavano ai concerti nella capitale lombarda. È stata una vera fortuna aver conosciuto questo tecnico, coltissimo e appassionato, che conosceva la mano di Sakuma, quali fili in un suo apparecchio erano stati sostituiti e quali erano gli originali, come saldava. Giacomo si è creato una grande cultura sul maestro giapponese, aiutato anche dai suoi libri editi in Giappone, che ha acquistato e agevolmente tradotto con Google Lens. In questi testi ci sono i circuiti delle sue elettroniche. Il preamplificatore Phono, in particolare, è stato letteralmente stravolto dopo l'acquisto perché, non si sa da chi, era stato radicalmente modificato commettendo anche degli errori elettronici, poi individuati e corretti da Riccardi. Con pazienza e ricercando i trasformatori Tamura che erano stati sostituiti, è stato tutto rimesso esattamente com'era prima. Il pre era davvero irriconoscibile prima del restauro, non avendo più nemmeno le 300B. Il primo a modificarlo fu in realtà lo stesso Sakuma, lo fece in occasione di un viaggio in Italia per uno dei suoi concerti.
Aveva bisogno di un preamplificatore che potesse supportare il DAT (Digital Audio Tape), in quanto uno degli scopi di quel concerto era far sentire agli audiofili il vinile e poi il DAT registrato dal vinile. Così lo modificò facendolo diventare un Single Ended di 300B, cambiò naturalmente il trasformatore d'uscita, come l'ingresso che passò da Push-Pull a SE, ricavando una sezione Linea. Dopo questo cambiamento, chi lo ha ereditato ha pensato di riportare la configurazione a PP, ma per qualche ignoto motivo non con i tubi 300B ma con un'altra valvola. La consultazione dei libri aveva fatto emergere con evidenza lo stravolgimento attuato sul circuito originale. Nel corso di un successivo colloquio con il tecnico restauratore Giacomo propose due diverse soluzioni d'intervento: o riportare il preamplificatore allo stato in cui era quando Sakuma l'aveva condotto in Italia, quindi modificato, oppure ripristinarlo alla prima configurazione, che era quella originale. Riccardi confrontò gli schemi emettendo un preciso verdetto: l'originale in Push-Pull era senz'altro preferibile all'altra versione. Da lì si è avviata un'impegnativa ricerca, durata un anno esatto, del trasformatore d'uscita, di un induttore che era stato cambiato, fu reperito il trasformatore d'interstadio B-5005 (cosa molto difficile), le valvole a tante altre cose.
Il tecnico ricevette il kit completo, mettendo dal canto suo dei condensatori anni '90 che erano giusti per quell'apparecchio. Dopo un lavoro durato un paio di mesi il preamplificatore fu riconsegnato. Questa è una storia minuziosamente documentata sulla quale Giacomo Pagani sta scrivendo un pezzo.
OTTIMIZZARE ACUSTICAMENTE O NON OTTIMIZZARE
QUESTO È IL PROBLEMA
Rimaneva a questo punto da risolvere la fondamentale bega dell'ottimizzazione acustica della taverna. Fu allora contattato Giampiero Majandi, uno degli esperti di acustica più autorevoli che abbiamo in Italia, a lui fu inviata una piantina del locale per valutare il da farsi. L'idea iniziale di Giacomo era posizionare l'impianto in maniera molto classica, simmetrica, mentre Majandi gli consigliò di considerare la collocazione obliqua. Da quell'indicazione ha creato un progetto con il software di grafica SketchUp, applicato al suo locale prima ancora che l'abitasse. Ha costruito i modellini delle casse, degli amplificatori e tutto il resto, posizionando poi i componenti in 3D nell'ambiente. Da lì è poi arrivato a calcolare a quale distanza dall'impianto e dalle pareti era opportuno mettere la poltrona, in quale punto preciso collocarla. Tutto è stato fatto con l'ausilio del PC, anche gli spostamenti in 3D, con la sua schiena che ha ringraziato e anche gli oggetti, i quali avrebbero potuto rovinarsi a causa dei molteplici spostamenti. Quando ha individuato le giuste proporzioni, ha preso le misure dai muri e posizionato le casse.
L'AVVENTURA DELLE LOTH-X MINSTREL
"Sono arrivate direttamente dal Massachusetts", svela Giacomo parlando dei suoi monovia in perfette condizioni, 90 kg di legno per ogni cassa. Sono belle, impiegano altoparlanti largabanda realizzati a mano, con l'ausilio di macchine a controllo numerico, da Stefan Stamm sulla base dei Lowther PM2A, caricati posteriormente con una tromba ripiegata da 3,7 metri. Molto elevata la sensibilità dichiarata, di oltre 104 dB/2,83 V/1 m. Aveva scritto a Joe Roberts, rappresentante della Loth-X in Silbatone, negli Stati Uniti, per avere informazioni sull'integrato JI 300B; quando Joe ha visto le fotografie ha esclamato" Caspita, sei il più grande collezionista di Loth-X che abbia mai conosciuto!" Il Minstrel era un modello quasi top, tutt'altro che facile da trovare. Tutti i giorni era su HiFi Shark per effettuare delle ricerche basate sulle sue solite parole chiave. Da anni scriveva nella ricerca "Loth-X" sperando di trovare almeno una coppia di Polaris da acquistare, il modello recensito da Geoff Husband su TNT Audio. Un articolo che da ragazzino lo fece innamorare dell'idea Loth-X. Ne aveva trovata una coppia, che purtroppo si fece sfuggire, presa al volo da un appassionato che fu più veloce di lui.
Un bel giorno però gli apparve una coppia di Minstrel. Ai tempi della recensione delle Polaris (novembre 2000), l'azienda era ancora in attività e produceva le Troubadour, base della serie STAMM, le Polaris, le Minstrel e infine le grandi Bard. Quando Giacomo vide le Minstrel impazzì letteralmente. In quel momento si trovava in Francia con sua moglie per le vacanze estive, si fermò all'improvviso per strada con il cellulare in mano, poi chiamò subito la logistica dell'azienda di famiglia, dicendo all'impiegata che doveva prendere un pallet dal Massachusetts pesante 550 libbre (quasi 250 kg). Una volta arrivato in azienda fu disimballato con l'aiuto dei magazzinieri e i diffusori furono trasportati a casa con un furgone.
ORO, INCENSO E LOTH-X JI 300B SE
Tutto è frutto di avventura nei due impianti, anche il bellissimo amplificatore integrato stereo a tubi Loth-X JI 330B SE, reperito in Corea del Sud. La persona intenzionata a venderlo aveva pubblicato l'annuncio su un sito coreano di difficile accessibilità. Giacomo aveva trovato le immagini su Google e da quelle era riuscito a entrare nel sito, intuendo che era dedicato alla vendita di oggetti. Inviò quindi una mail al proprietario, il quale però non gli rispose, decise allora di telefonargli, trovando però all'altro capo una persona che prima di chiudere la comunicazione gl'inveì addirittura contro. Ma Giacomo non è tipo da gettare la spugna facilmente: gli mandò allora un SMS in inglese che diceva: "Ti ho telefonato, volevo il tuo amplificatore, sono in Italia. Se si può fare te lo pago con un bonifico". Immaginatevi di mandare un bonifico in Corea, senza sapere nulla e senza essere nemmeno riusciti ad accordarsi telefonicamente. Non ricevette risposta finché, dopo tre giorni, gli pervenne un SMS che diceva: "Yes, you can buy amplifier." Alla fine il venditore da scontroso si rivelò invece simpaticissimo, forse aveva pensato alla telefonata di uno dei soliti Call Center. Vendita dunque andata a buon fine, con una spedizione in imballo di buona qualità; c'era la possibilità di averlo con o senza valvole e Giacomo scelse la seconda soluzione.
Partì il bonifico e il venditore dopo pochissimo spedì l'oggetto che lui teneva tantissimo ad avere. Dopo qualche giorno giunse il tracciamento del pacco; l'amplificatore arrivò alfine a casa e al momento dell'apertura dell'imballo scoprì che le valvole di potenza, come concordato, non erano state incluse, ma quelle di segnale, che pure dovevano essere escluse, gliele aveva invece regalate tutte. Arrivò perfettamente imballato, sano come un pesce, in una scatola della italiana Audio Analogue. Questa meraviglia valvolare è un progetto fatto in collaborazione con Silbatone, cioè il marchio che dopo la chiusura di Loth-X ha continuato a portare avanti questo modello, attuando qualche modifica e includendolo nel suo catalogo. È molto pesante, tutto lavorato dal pieno, i suoi trasformatori sono proprietari, costruiti secondo una tecnologia definita "Silver Clad Copper Foil", con degli avvolgimenti costituiti da un nastro di rame, rivestito (e non placcato) di argento, un metallo che è stato molto usato in quest'integrato. Il potenziometro è un Tokyo, usato anche nell'Audio Note Ongaku. Implementa alcune soluzioni non convenzionali, come l'alimentatore, che loro hanno chiamato a bassissima impedenza, probabilmente del tipo "switching".
Potrebbe sembrare una "bestemmia" utilizzato su un augusto amplificatore con le 300B, ma in realtà funziona molto bene, donando un'eccellente silenziosità all'amplificazione, a dispetto dell'utilizzo dei tubi termoionici e di elettroacustiche con una sensibilità molto elevata: come dicevamo prima di ben 104 dB/2,83 V/1 m. La silenziosità è davvero uno dei punti di forza di quest'integrato, la sua straordinaria microdinamica e microcontrasto sono favoriti proprio da questo particolare.
ALLA RICERCA DEL SUONO PERDUTO
TRA PARADISO E INFERNO
L'ASCOLTO
GLI IMPIANTI
STEREO
Giradischi Technics SL-1000 MK2:
- Motore SP-10 MK2
- Alimentatore SH-10E
- Base SH-10B3
- Braccio EPA-100
- Shell SH-100S
- Testina Fidelity Research FR1
Giradischi Simon Yorke Zarathustra S4
- Braccio Zarathustra S
- Testina Van Den Hul The Grasshopper IV GLA
Lettore CD Revox B226S
Preamplificatore Phono e Linea stereo Manley Steelhead RC
Amplificatore integrato stereo Loth-X JI 300B SE
Mac Mini
Convertitore D/A RME ADI-2 DAC FS
Diffusori Loth-X Minstrel
MONO
Giradischi Garrard 401 con braccio Ikeda IT 407 e Gray Research 108
Testina Denon DL-102
Preamplificatore Phono monofonico Sakuma RCA-5691 PP/RCA-841 PP/WE-300B PP
Amplificatore finale di potenza mono Sakuma VV300B/845 P-P
Diffusori Loth-X Minstrel
BRANI ASCOLTATI
Officium - Jan Garbarek / The Hilliard Ensemble
(2014 - Vinile - LP doppio Stereo 180 g - Ristampa - ECM New Series. ECM 1525)
- Parce Mihi Domine, From: Officium Defunctorum
Fabrizio De André - Fabrizio De André
(2018 - LP Vinile - Ristampa - Rimasterizzato - Stereo 180 g. RCA-19075819861. Sony Music-19075819861)
- Hotel Supramonte
Johann Sebastian Bach - Toccata Und Fuge D-moll BWV 565 - Triosonate N. 2 C-moll BWV 526 - Präludium Und Fuge D-dur BWV 532 - Fantasie Und Fuge G-moll BWV 542. Toccata Und Fuge D-moll BWV 565. Karl Richter
(1966 - LP Vinile Stereo - Deutsche Grammophon-138 907 SLPM)
- Toccata Und Fuge D-moll BWV 565
- Triosonate N. 2 C-moll BWV 526
Gustav Mahler - 10 Symphonies - Orchestre Symphonique De La Radiodiffusion Bavaroise. Rafael Kubelik
(1971 - Cofanetto 14 LP Vinile Stereo - Deutsche Grammophon-2720 063. Le Monde De La Symphonie-2720063U)
- Symphonie N. 5 Cis-moll - Rondo-Finale. Allegro
Ry Cooder - Jazz
(1978 - LP Vinile Stereo - Stampa Winchester - Warner Bros Records-BSK 3197)
- Face To Face That I Shall Meet Him
- The Pearls/Tia Juana
Emil Gilels - The Unreleased Recitals At The Concertgebouw
(2018 - Cofanetto 7 LP Vinile Stereo - Edizione limitata - Numerata - Fondamenta FON-1803032)
- Ludwig van Beethoven - Sonata N. 25 in G Major Op. 79
Emerson Lake & Palmer - Works (Volume 1)
(1977 - 2 LP Vinile Stereo - Japan - Atlantic-P-6311~2A)
- Pirates
Al Cohn Quintet - Cohn On The Saxophone
(1956 - LP Vinile Mono Japan - Edizione limitata - Ristampa - Dawn-22WB-7004)
- We Three
- Idaho
- The Things I Love
- Singing The Blues
- Be Loose
Bud Powell - The Amazing Bud Powell - Volume 1
(1983 - LP Vinile Mono Japan - Ristampa - Blue Note-BLP 1503)
- Un Poco Loco/1st Take
- Un Poco Loco/2nd Take
Giunto alla narrazione delle impressioni ricevute dalla prova d'ascolto, mi rendo conto di come da un semplice resoconto ne sia venuto fuori un vero e proprio trattato. Ho deciso alla fine di non tagliare nulla nè ho messo in atto delle stringate sintesi per ridurre il numero dei caratteri, agevolando la lettura. Non ho difficoltà ad ammettere che questa è stata una delle prove d'ascolto più importanti nella mia vita di appassionato, di audiofilo un po' grafomane come amo definirmi. Un arricchimento culturale e la presa di contatto con un mondo ormai passato, ma che per la sua significatività non può assolutamente essere misconosciuto. Sono confluite in quest'esperienza la storia di un progettista chef e poeta, la maturazione nel tempo di un audiofilo come Giacomo Pagani e il lascito dell'amico comune Pietro Pesenti, purtroppo non più qui fra noi. La scelta dei brani è stata particolarmente agevole, dato che Giacomo ha pubblicato tutta la sua collezione su Discogs; da lì ho potuto sfogliare la sua nutrita disponiblità di vinili. Parce Mihi Domine, From: Officium Defunctorum è il primo brano che ascolto, dall'album Officium di Jan Garbarek e The Hilliard Ensemble. Un lavoro "anomalo", se posso usare questo termine, adatto per iniziare la seduta d'ascolto su una catena che certamente non troviamo tutti i giorni sui nostri passi.
Il largabanda restistuisce il suo impatto scultoreo senza impicci o scalini, in un "unicum" sonoro di vastità monumentale che si erge sulla scena davanti all'ascoltatore. Musicalmente, è di grande suggestione la riuscita commistione tra una sorta di Ambient-Jazz e la fissità ipnotica del canto gregoriano. Le frequenze medio-alte si rivelano suadenti, eteree e di un'assoluta trasparenza. Quasi perfetta l'illusione di trovarsi all'interno di una grande cattedrale, precisamente l'abbazia di Sankt Gerold in Austria, dove il disco è stato registrato. Percepiamo con distinzione i contorni sonori, immacolati, nella convivenza tra il sassofono di Jan Garbarek e i florilegi vocali dell'Hilliard Ensemble. Facciamo un grande salto di genere con Fabrizio De André nel suo album omonimo, da cui ascoltiamo Hotel Supramonte, la velocità della chitarra e la focalizzazione della voce sulla scena sono micidiali, quasi una presa diretta con i microsolchi, senza che nulla di disturbante si frapponga. Avverto in queste prime due registrazioni una leggera preponderanza delle frequenze medioalte (sensazione che si rinnova nell'ascolto della catena stereo), questa rende una grande ariosità al messaggio sonoro ma, al contempo, lo penalizza un po' nella cosiddetta zona del calore: la mediobassa.
Mentre ascolto penso che la personalità di quest'impianto è tale da sfuggire a qualsiasi definizione preconfezionata. Se dovessi citare uno tra gli impianti che ho avuto la ventura di ascoltare in oltre mezzo secolo di audiofilia, una "malattia" dalla quale non sono ancora riuscito a guarire, non potrei individuarne nessuno. Il vinile Deutsche Grammophon di Johann Sebastian Bach, con alla tastiera Karl Richter, non si può dire che abbia una stampa perfetta, piuttosto disturbato com'è da quei rumoretti di fondo tipici degli LP, purtroppo tutti distintamente percepibili. Ma possiamo rovesciare questa notazione da negativa e positiva. Innanzitutto la colpa è tutta del vinile, l'impianto semmai (e questo è di certo un pregio), con la sua estrema capacità di analisi e l'altissima sensibilità delle Minstrel, è davvero in grado di spaccare il capello in otto, mettendo in luce ciò che altri impianti magari annegano parzialmente nel rumore o nascondono. Qui non si butta nemmeno un goccio di acqua sporca, tanto meno il bambino. Ma c'è un punto nella Triosonate N. 2 in C-moll BWV 526 che mi ha fatto rabbrividire: un cambio di registro, che ho potuto avvertire con un assoluto stacco caratteriale, da cui l'elevatissimo grado di discriminazione timbrica che in questo contesto si può raggiungere.
Quella stessa definizione che riscontriamo nei contorni degli strumenti e delle voci la ritroviamo intonsa nella riproposizione di quegli armonici che costituiscono la peculiare "stoffa" di ogni suono. L'imperioso incipit del Preludio nella BWV 532, il suo ammassarsi accordale che non si trasforma in una marmellata sonora, anche questo è da brivido nella sua drammatica grandiosità. Giacomo prende dalla sua discoteca il cofanetto di 14 LP "Gustav Mahler - 10 Symphonies - Orchestre Symphonique De La Radiodiffusion Bavaroise. Rafael Kubelik". Non ho avuto esitazioni a richiederlo non appena visto il nome del direttore, Rafael Kubelík, uno dei migliori interpreti del grande sinfonista tardoromantico Gustav Mahler. Scelgo quindi il Rondo-Finale. Allegro dalla Sinfonia N. 5, un movimento che mi ha sempre affascinato per la sua fantasia, per la speranzosa allegria, per il formidabile e sapientissimo intreccio contrappuntistico. Nel Finale Mahler scioglie le tremende forze tensive che si sono manifestate nei primi due movimenti, rovesciandole nel loro esatto opposto. Le Loth-X Minstrel sono l'elemento terminale di una catena che rende questo complesso tessuto sinfonico con una lucidità estrema, con un'assoluta coerenza timbrica.
Buona la macrodinamica, se vogliamo addentrarci nella tecnicalità dei parametri d'ascolto, ma realmente inusitata la microdinamica, dove nei momenti meno intricati emerge con chiarezza tutto quel tappeto fine di particolari (agevolato, non dimentichiamolo, anche dall'integrato valvolare JI 300B SE) che arricchisce questa musica meravigliosa. Bene, è venuto il momento di divertirsi, lo facciamo con l'album Jazz di Ry Cooder, straripante di buon umore dalla prima all'ultima nota. È il settimo del compositore e chitarrista statunitense, pubblicato dalla Warner Bros. Records nel 1978. Qui assistiamo a un salto di genere forse ancor maggiore dei precedenti, una delizia timbrica ancor prima che musicale in cui si fondono a meraviglia i generi Jazz, Rock e Folk. Anche in quest'occasione il valore aggiunto alla riproduzione è la straordinaria analiticità con cui possiamo sentire tutti gli strumenti, e sono tanti, presenti nei vari brani. Veramente incredibile il loro numero e tipo: chitarra, chitarra bottleneck, arpa, mandolino, tiple, voce solista, mandobanjo, cornetta, trombone, corno baritono, sassofono alto e basso, clarinetto, clarinetto basso, pianoforte, cimbalom, marimba, vibrafono, organo, contrabbasso e batteria. Non mancano l'accompagnamento vocale e il coro.
È forse un concetto difficile da esprimere, ma in quest'album ho potuto sentire ogni strumento e voce con la sua individualità, senza reciproche interferenze, ognuno tuttavia calato in un contesto di massima congruenza timbrico/prospettica. Tocca ora al pianoforte del grande strumentista russo Emil Gilels, che suona nel vinile "The Unreleased Recitals At The Concertgebouw". Ascolto incantato la Sonata N. 25 in sol maggiore Op. 79 di L.v. Beethoven, la sua perentoria dialettica, l'ineguagliabile eleganza di stile e l'uguaglianza delle note che, come perle lucenti, vengono sciorinate sulla tastiera, talvolta incisive, talvolta leggere com il volo di una farfalla. Assolutamente incantevole... Di fronte a una tale arte, lo confesso, ogni mia velleità di descrizione audiofila viene meno, emergendo su tutto un sentimento di assoluto rispetto per il grande artista sovietico, il primo al quale fu concesso di viaggiare a lungo all'Ovest. La parentesi "stereo" si conclude con un brano mirabolante, Pirates degli Emerson Lake & Palmer, un pezzo che ho molto amato da ragazzo e che ancora oggi ascolto con sommo piacere. Mi dà una sensazione che, traslata in termini tattili, posso descrivere come il maneggiare un oggetto ben rifinito e lucente, molto piacevole da toccare.
Pirates è davvero un grande brano di Rock Sinfonico, divertente e mobilissimo, ricco di spunti e sorprese musicali, sul quale voglio raccontare un aneddoto. Pirates fu registrato in due studi separati. Greg Lake ebbe un litigio con l'orchestra utilizzata a Montreux, per cui la registrazione si spostò nella capitale francese con l'orchestra dell'Opera Nazionale di Parigi, diretta da Godfrey Salmon. La band desiderava che Leonard Bernstein dirigesse gli arrangiamenti orchestrali del brano e organizzò che lui, in quel momento impegnato al vicino Teatro dell'Opera, visitasse lo studio e ascoltasse il pezzo. Lake stesso ha poi raccontato che Bernstein sentì il brano dall'inizio alla fine senza muoversi, alla fine lo guardò e gli disse: "Il canto non è male.". Parentesi due: l'impianto monofonico. Bene, dimenticatevi tutte le impressioni che ho tentato di descrivere sin'ora, le eteree e celestiali sonorità, le purezze cristalline. Con la catena monofonica entriamo in un mondo nettamente diverso, se vogliamo agli antipodi rispetto a quello precedentemente visitato. Dall'iperuranio scendiamo, anzi precipitiamo nell'atmosfera a luci soffuse di un Jazz Club, con i bicchieri di whisky sui tavolini e l'aria ammorbata dal fumo dei tanti sigari accesi.
Questo è il mondo che il poeta Susumu Sakuma ha voluto immortalare con le sue elettroniche e che Giacomo Pagani ha voluto riportare in luce con una certosina opera di "repêchage". Nell'incisione monofonica Al Cohn Quintet - Cohn On The Saxophone, ho potuto toccare con mano cosa significhi e quali reali ricadute abbia il parametro "coerenza" sull'ascolto. La condizione di pura monofonia, attuata nella registrazione, sorgente, amplificazione e diffusione, quest'ultima tramite due casse largabanda, ha restituito alle mie orecchie un'assoluta assenza di slegature tra le gamme, cosa per'altro già apprezzata nella configurazione stereofonica, ma qui portata al suo grado più alto. Devo essere sincero, se Giacomo non mi avesse detto che ascoltavo in mono, non me ne sarei accorto, anche la scansione dei piani sonori era definita, con gli strumenti che non soffrivano di appiattimenti, ma avevano una prospettiva scenica precisa, dati i diversi tempi di arrivo al microfono e relative fasi. Ma non è solo questo il prodigio compiuto poiché anche la personalità timbrica è mutata radicalmente. Da aerea e per certi versi sottile, si è fatta di una carnosità che sconfina facilmente nel sensuale, di una sostanziosa matericità sconosciuta al digitale (non almeno in questi termini).
Un suono che si poteva tagliare con il coltello per quanto era consistente. E cosa dire della straordinaria definizione del sassofono tenore di Cohn, della perfetta percepibilità dello stacco di lingua sull'ancia (fidatevi, so di cosa parlo: da ragazzo ho studiato il clarinetto). È forse questa la vera alta risoluzione? Il successivo album di Bud Powell "The Amazing Bud Powell - Volume 1", un LP Mono del 1983, ristampa giapponese (perfetta!), edizioneBlue Note-BLP 1503, non ha fatto altro che avvalorare le grandiose potenzialità di questa catena. I brani Un Poco Loco/1st Take e 2nd Take hanno confermato che le chimeriche desiderata di Susumu Sakuma, condensabili nella sua affermazione "narrow range sound with a solid framework" (un suono a gamma ristretta con una solida struttura), tanto poi irrealizzabili non sono. Basta essere dei geni.
Ringrazio di cuore l'amico Giacomo Pagani per la bellissima esperienza regalatami!
Alfredo Di Pietro
Novembre 2024