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Sunday, January 05, 2025 ..:: Un pomeriggio con Carlo Colombo ::..   Login
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INTRO



Nel limpido pomeriggio del 24 dicembre U.S., vigilia di Natale, vengo cordialmente accolto in casa dall'amico Carlo Colombo e da Pluto, il suo vivacissimo cane Chihuahua. Ci salutiamo, chiacchieriamo un po' davanti a un buon caffè, immergendoci subito dopo nel vivo della questione: la scoperta tecnica e sonora della sua ultima creazione, il DAC CDA1. M'incammino così, senza eccessivi preamboli, in quest'ennesima avventura audiofila. Carlo m'illustra senza remore la catena che di lì a poco avremmo ascoltato. Un setup costituito da un PC Fanless il cui connettore d'uscita USB si collega al convertitore USB/Coassiale S/PDIF S.M.S.L. PO100 PRO, affetto da un Jitter di appena 75 picosecondi massimi. Il segnale digitale così convertito va al suo nuovo DAC CDA1, che è privo d'interfaccia USB ma, oltre al Coassiale, ha anche l'ingresso TOSLINK e il commutatore dei due ingressi. Carlo a tal proposito si mostra titubante, non sa se in futuro metterà questa al suo interno poiché, di fatto, è un'elettronica in più, non obbligatoriamente da integrare nel DAC ma che può essere anche esterna. Anzi, le attuali tendenze Hi-End prevedono che tale interfaccia sia al di fuori dei convertitori D/A, anche quelli di un certo costo. E l'S.M.S.L. assolve perfettamente al suo scopo. Nel CDA1 manca anche la connessione digitale AES/EBU, che implementa lo stesso tipo di segnale S/PDIF però su un'interfaccia elettrica differente, bilanciata.



Ma questo DAC non è la sola novità in casa MicroSound Technology, un'altra particolarmente ghiotta è presente nell'impianto ed è l'amplificatore integrato XAI20, elettronica dal suono realmente allettante, ibrida, dotata di preamplificazione a valvole e sezione di potenza a stato solido in vera Classe A. Anche il nome prescelto ha un suo perché: XAI20, dove la "X" rappresenta il top della gamma MicroSound, "A" l'Amplificatore, "I" l'Integrato e 20 i Watt reali erogati in Classe A su 8 Ohm per canale. Già da me ascoltato in più d'una occasione, sia in veste prototipale che definitiva, mi ha dato delle sensazioni timbriche davvero appaganti in termini di definizione, ricchezza di dettaglio e leggiadria timbrica, tanto da farmelo prediligere nell'intera produzione del marchio brianzolo. Recentemente l'XAI20 è stato sottoposto ad alcune modifiche della risposta in frequenza in gamma bassa, mirate a una miglior distribuzione della potenza sull'elettroacustica a valle. Non vado oltre nella disamina delle sue caratteristiche poiché anche lui sarà oggetto di un mio approfondito test di ascolti e misure, a Carlo piacendo. Per ora basti sapere che s'incontra a meraviglia, esaltandole, con le qualità soniche del DAC e anche con quelle dei diffusori Silence Lab M165.2R - Passive, presenti nell'impianto con dignità di comprimari.




THE PIPER AT THE GATES OF DAWN
L'ASCOLTO


L'IMPIANTO

Amplificatore integrato stereo ibrido MicroSound Technology XAI20
Convertitore Digitale/Analogico MicroSound Technology CDA1
Interfaccia USB/Coassiale S/PDIF S.M.S.L. PO100 PRO
Diffusori Silence Lab M165.2R - Passive


BRANI ASCOLTATI

Plan B³ - Ain't No Sunshine
Bruce Springsteen - I'm On Fire
Buena Vista Social Club - Chan Chan
Jan Garbarek - Parce Mihi Domine
Triosence Giulia - Odd Times
Bruce Springsteen - Nebraska
Francesco Libetta - F. Chopin. Étude Op. 10 N. 12, Allegro con fuoco
Gustav Mahler - Sinfonia N. 4. Wir geniessen die Himmlischen Freuden. Sehr behaglich
Anette Askvik - Liberty
John Fusco - Bad Dog



Anche il titolo che ho appioppato a questa seduta d'ascolto non è casuale: The Piper at the Gates of Dawn (Il pifferaio alle porte dell'alba), suggestivo del risveglio più autentico dei suoni al sorgere dell'alba e foriero di una naturalità, o naturalezza che dir si voglia, propria dei suoni allo stato germinativo. In realtà (chi ama i Pink Floyd lo ha subito capito) è il titolo del primo album in studio del gruppo musicale britannico, pubblicato nel 1967, l'unico realizzato sotto la guida di Syd Barrett e considerato fra gli album che hanno maggiormente influenzato la storia del rock psichedelico. Disc jockey per l'occasione, padrone di casa e titolare del marchio MicroSound Technology, l'amico Carlo Colombo, con lui sono sceso a qualche compromesso circa la scaletta dei brani da somministrare all'impianto. Avevamo inizialmente pattuito cinque di sua scelta e gli altri cinque di mia preferenza, ma in corso d'opera il rapporto si è sbilanciato in suo favore, riuscendo io ad aggiudicarmene soltanto tre su dieci. Fa nulla, il palato musicale di Carlo è piuttosto raffinato, soprattutto sa individuare quale musica è in grado di esaltare certe qualità sonore e quale no. Questo appare chiaro sin dal primo brano ascoltato, Ain't No Sunshine dei Plan B³, con il sassofono di Philippe Chrétien che sfodera una straordinaria definizione e scolpitura plastica di contorni.



Complice una presa microfonica particolarmente ravvicinata, non si perde assolutamente nulla per strada, si riesce a percepire con la massima chiarezza anche lo stacco di lingua sull'ancia dello strumento, la sua peculiare metallicità. Quasi un caso di realtà aumentata tale è la minuziosità della riproduzione. Anche il basso coglie di sorpresa, profondo, solido e controllato, sensibilmente migliorato dopo l'intervento sulla risposta in frequenza dell'XAI20, cosa per me evidente in quanto avevo ascoltato la catena in una precedente configurazione. Bruce Springsteen è un grande artista, essenziale e ruvido, non amante delle sonorità imbellettate e ciò si percepisce in diversi suoi album, non in "Born In The U.S.A.", da dove è tratto il bellissimo I'm On Fire. Qui la registrazione si presenta pulita, non affastellata nella riproposizione dei piani sonori, che risultano ben stagliati nello spazio, ognuno con il suo orizzonte. Farà piacere ai potenziali fruitori di una siffatta catena che anche la microdinamica è da primato, basta ascoltare il ritmo portato sulla batteria dal vigoroso Max Weinberg, capace di bordate incredibili ma che qui è invece delicato e aereo come una farfalla, il ticchettare delle bacchette non è assolutamente piatto ma incisivo e penetrante, sprizza una vitale dinamicità che rende elettrizzante l'ascolto.



Con Chan Chan dei Buena Vista Social Club si entra a piè pari nel fumoso omonimo storico locale che si trovava nel quartiere Buenavista de L'Avana, dov'era in voga la musica popolare cubana negli anni quaranta. Qui è l'estrema trasparenza dei timbri che cattura l'ascoltatore, una vera cartina al tornasole della più genuina acusticità di particolari strumenti come le conga, i legnetti, il bongo, la m'bira, i timbales a tanti altri. Non solo quindi la definizione e la dinamica, sia micro che macro, ma anche la finezza è nelle corde di quest'impianto, che è in grado di cavarsela alla grande con qualsivoglia strumento, voce o genere musicale. Il salto ambientale con Parce Mihi Domine, dall'album Officium di Jan Garbarek, è incommensurabile, passando da un piccolo club alla vastità dell'abbazia Propstei Sankt Gerold. Album quanto mai eccentrico, anomalo questo Officium, in cui la musica antica, dei canti liturgici in latino, sono arrangiati per sassofono e quartetto vocale. La suggestione sonora e musicale qui raggiunge dei vertici difficilmente pareggiabili. Va bene il fascino artistico, ma qui sono chiamato all'improbo compito di suggerire al lettore il "come suona", se vogliamo ancora più difficile da un certo punto di vista che produrre misure attendibili.



Il quartetto vocale Hilliard Ensemble, sia che sussurri o si esprima in un espansivo canto, mantiene una sua precisa individualità nell'intrecciarsi con il sassofono tenore e soprano di Garbarek, oltre a prodursi in una timbrica quanto mai seducente. In questo lavoro è anche la spazialità a impressionare, a rendere acusmatico un suono che sembra sorgere da profondi anfratti, per poi materializzarsi davanti a noi in ascetiche volute sonore. E qui ha buon gioco l'eccellente comportamento degli altoparlanti progettati da Giuliano Re, artefice della Silence Lab, poi assiemati in un sistema coerente e fondamentalmente privo di nei, oltre che dotato di una possanza che va ben oltre le dimensioni fisiche del mobile. Capace di ricreare in questo CD un palcoscenico sonoro ampio, profondo e preciso, privo di disorientanti ammassamenti dei piani sonori. Il garbo sonoro vige anche nel brano Odd Times, tratto dall'album Giulia dei Triosence, un trio strumentale nato nel 1999 e formato da Bernhard Schüler (pianoforte), Omar Rodriguez Calvo (basso) e Tobias Schulte (batteria). Quest'album è registrato in maniera particolarmente nitida e pulita, si avvale di un indovinato bilanciamento tra gli strumenti, dove nessuno svetta sugli altri ma tutti si ricostituiscono con equilibrio in un affascinante quanto piacevole magma sonoro.



Se l'impianto che ho davanti, con il simpaticissimo Pluto che mi fa le feste, è in grado di spaccare il capello in otto in certe registrazioni, in questa esibisce la seconda metà della sua personalità, la parte più "femminile", morbida, suadente e dal lucente smalto sonoro. Molto avvolgente il suono della batteria di Tobias Schulte, dalle pelli ben tese che il midwoofer delle M165.2R restituisce con immediata e rotonda reattività. Si ritorna a Bruce Springsteen con il brano Nebraska, tratto dall'omonimo album, che in quest'occasione regala sensazioni altrettanto intense ma più intime. L'effetto presenza della voce e dell'armonica a bocca è realmente stupefacente. Si tratta di un album registrato da Springsteen nella sua casa di Colts Neck, New Jersey, con un multitraccia portatile a 4 piste, usando solo la chitarra acustica, l'armonica e poca altra strumentazione. Il fascino che emana è impagabile, tanto che la successiva versione "Electric Nebraska Sessions" lasciò insoddisfatto degli arrangiamenti l'autore poiché si trattava di canzoni molto personali, dove la cruda essenza folk della versione acustica non risaltava a sufficienza. Springsteen allora decise di consegnare alla casa discografica il prodotto originale.



Una magia sonora che la nostra catena ricrea senza se e senza ma, forte delle sue formidabili abilità riproduttive. L'anima folk avvince nei vigorosi scatti dinamici dell'armonica a bocca, che non appaiono assolutamente ridimensionati, nell'esaustivo corredo armonico della graffiante voce di Springsteen, grande cantautore e chitarrista statunitense. Lo vado dicendo da tempo e ne sono sempre più convinto: come esiste un capacità di definizione dei contorni, del più piccolo dettaglio, ne esiste una analoga riferibile a quegli armonici che portano all'agevole identificazione di ogni peculiare timbro. Anche qui una semplificazione o, in altri termini, un impoverimento della texture sarebbe nocivo, poichè è di alta fedeltà che stiamo parlando. È la volta di Francesco Libetta, impegnato nell'esecuzione dello Studio chopiniano Op. 10 N. 12, Allegro con fuoco, dal suo ultimo progetto discografico "Chopin Selon Chopin", che ho avuto il piacere e l'onore di recensire sul mio sito. Grande pianista, tra i maggiori del nostro tempo a livello internazionale, è un artista eccentrico, poco disposto a compromessi anche sul piano tecnico della cattura sonora. In questo lavoro ha voluto che i microfoni non fossero posizionati, come certe attuali tendenze vogliono, molto vicini alle corde dello strumento, ma a una distanza assimilabile a una prima o seconda fila all'interno di una sala da concerto.



E qui si sente perfettamente, senza che ciò si ritorca in una mancanza di definizione o mordente sonoro. Un disco da godersi e soprattutto capire nelle sue rivoluzionarie ragioni interpretative, ma questa è un'altra storia. Su mia espressa e insistita richiesta Carlo Colombo fa partire "Wir geniessen die Himmlischen Freuden. Sehr behaglich", quarto tempo della meravigliosa Sinfonia N. 4 di Gustav Mahler. L'immersione nel mondo mahleriano è garantita dalla schiettezza che quest'impianto vanta come fiore all'occhiello, intesa come coacervo di quei parametri che definiscono una corretta ed efficace riproduzione sonora. Emerge ancora una volta quell'anelito alla completezza, all'irrinunciabilità della maggior ricchezza ed evidenza possibile di ogni elemento che costituisce il tessuto sonoro, anche il più sottile e difficile da portare alla luce. Una filosofia che contraddistingue da sempre il marchio MicroSound Technology. Si rimane incantati, ammaliati dalla tenerezza, dal limpido intimismo che esprime la voce di Anette Askvik nel brano Liberty. Parliamo di una cantautrice, compositrice, pianista e cantante norvegese che ha pubblicato il suo primo album nel 2011 e il secondo nel 2016.



Vive a Oslo, in Norvegia, dove scrive, registra e gestisce la sua etichetta discografica Bird. Quest'eccellente registrazione mette a nudo una nervatura vocale evocativa del lindore naturale di un Paese nordico come la Norvegia, in tutte le sue sfumature. Con questo brano prosegue quella sorta di "sequel" che conduce alla descrizione di un comportamento sonico che a questo punto credo risalti in tutta la sua chiarezza. La voce è vellutata, olografata con una grana finissima nell'ambito di un nero infrastrumentale che suggerisce la grandi distese naturali dei Paesi nordici. La musica è fatta anche di silenzio e le elettroniche MicroSound lavorano nella direzione di un assoluto rispetto verso di esso. Ultimo brano di questa istruttiva quanto piacevole seduta d'ascolto è Bad Dog di John Fusco. Le fluttuazioni sonore generate dal Leslie dell'organo Hammond B-3, suonato dall'organista e cantante Blues, entrano di prepotenza nella stanza, sono di un realismo esaltante, la batteria è immanente, solida, argentino e corposo il suono dei piatti, a delineare una commistione sonora che è indispensabile rivelare senza alterazioni o sottrazioni di sorta.



L'impianto nel suo insieme si è dimostrato come un vero "non plus ultra" di definizione, accuratezza, correttezza di risposta e gradevolezza timbrica, intesa quest'ultima non come piacioneria ma come assenza di aggressività, vetrosità o metallicità del suono, elementi che alla fine deprivano il messaggio musicale della sua genuinità. E sono proprio tali caratteristiche a essere nelle desiderata di Carlo Colombo, che ogni cosa giunga intonsa e mai annacquata alle nostre orecchie, unica via possibile della ricreazione di una musicalità fresca, immediata e per questo rispettosa di ciò che esiste a monte. Lui è riuscito in quest'impresa grazie alla sua competenza, al duro lavoro compiuto nel suo laboratorio di Misinto. La sua produzione va cercata come una perla preziosa, forse ancora ascosa ai più ma che reca in sè le avvisaglie di un prossimo radioso futuro.




DAC MICROSOUND TECHNOLOGY CDA1
LESS IS MORE



Il convertitore D/A CDA1, è lui il vero protagonista del presente articolo, un oggetto che si pone agli antipodi di quanto si trova in giro. Esiste nel mercato odierno una tendenza, principalmente cinese, in base alla quale si va nella direzione di un aumento delle funzionalità nei DAC, con la dotazione di "n" interfacce ed "n" conversioni di formato, insieme a un numero considerevole di IC implementati, semplicemente per far vedere che l'apparecchio è pieno zeppo di roba. La filosofia invece della MicroSound Technology è esattamente l'opposto: tutto quello che non c'è non produce disturbi, non si rompe e, sostanzialmente, non serve a una riproduzione che voglia essere di pregio. Una scelta che paga secondo il progettista e produttore, visti i risultati acustici che ne derivano. Il CDA1 lavora a 24 bit/192 kHz, rispetto ad altri convertitori il suo interno risulta praticamente vuoto, ma tutto quello che c'è, cioè la componentistica, è interamente di elevatissima qualità, selezionata sulla base della profonda conoscenza che Carlo ha di quanto può offrire il mercato. Lui afferma che qui è davvero senza compromessi, di un livello talmente alto che fa fatica a trovarla anche nei convertitori più costosi in assoluto.

Né è prevista la scelta da parte dell'utente tra diversi tipi di filtraggio anti-alias, essendo quest'opzione per lui inutile, se non disutile, in quanto porta a delle modifiche di una risposta in frequenza che dovrebbe semplicemente essere la più corretta possibile. Guardando il frontale ad apparecchio acceso, il LED a destra indica il Lock del segnale audio in ingresso. Dei due posti a sinistra, uno indica lo stato di messa in tensione del DAC e l'altro la condizione di Stand-By. Troviamo infine sull'estrema sinistra l'ingresso IR per lo spegnimento col telecomando. L'ingresso S/PDIF è isolato, soluzione utile per eliminare gli anelli di massa che si possono verificare anche sui cavi di trasferimento dati. Molto curato, manco a dirlo, è lo stadio analogico d'uscita, al pari d'altronde di tutto il resto, comprese le distanze reciproche tra i componenti. "Quando vedo DAC", dice Carlo, "dove c'è il trasformatore toroidale a cinque centimetri dai chip d'uscita o di conversione, rimango molto perplesso. Le distanze sono invece importanti. Io ho visto convertitori anche da 20.000 euro dove dentro ci sono degli alimentatorini Switch Mode messi qua e là sulla scheda senza alcun criterio."

Il MicroSound CDA1 ha invece un'alimentazione completamente lineare e impiega un singolo oscillatore, quello indispensabile al funzionamento, nessun'altro è previsto perché ognuno di essi produce dei segnali, che sono oltretutto onde quadre, quindi brutti dal punto di vista armonico. Secondo il progettista i risultati di tale filosofia esistono e sono evidenti anche al semplice ascolto, senz'andare a indagare con strumenti di misura. Il formato 24 bit/192 kHz viene da lui considerato generatore di una qualità audio che non è raggiungibile dalle attuali elettroniche e men che meno percepibile dalle nostre orecchie. Con tale formato un DAC dovrebbe disporre teoricamente di un rapporto segnale/rumore utile di 146,24 dB, mentre le attuali amplificazioni ne hanno certamente di meno, stesso discorso per la dinamica dell'orecchio umano. "Quando vedo DAC a 32 bit mi viene da ridere", afferma, "il senso di tutto ciò è uno solo: marketing, marketing, marketing." Pure sull'argomento componentistica Carlo dimostra di avere le idee chiare. Potrebbe benissimo far montare le sue schede SMD in Cina, risparmiando anche un bel po' di danaro, lì lo fanno anche per pochi pezzi. Uno dei suoi fornitori di circuiti stampati, oltre a realizzare il supporto verde offre anche il montaggio e il reperimento dei componenti.

Ha proprio un magazzino enorme di componentistica, con una scelta di parti notevole. "Sono andato a cercare il condensatore al Tantalio", mi racconta, "ma non c'è con l'elettrodo ai polimeri come il Kyocera che uso io". Se vogliamo esaminare le differenze di prezzo tra i componenti di brand cinesi e quelli di brand seri, ne scopriamo delle belle. Le schede sono montate a macchina, sia qua che in Cina, tuttavia spesso si sceglie, per risparmiare o per avere maggiori intoiti, una componentistica dal costo irrisorio. Le differenze non sono irrilevanti e possono essere anche di una decade. Carlo mi ha parlato di un certo componente prodotto da una ditta cinese che costa 0,0971 euro cadauno (per un ordine di 500 pezzi), mentre quello similare che usa lui, preso da Mouser, è di 0,645 euro cadauno, sempre per un ordine di 500 pezzi.


LA COMPONENTISTICA



La possiamo ispezionare nella sua interezza scoperchiando il CDA1. Vediamo dei componenti neri, marchiati A476C, i quali sono dei condensatori al Tantalio con elettrodi a polimeri conduttivi da 47 µF/16V, impiegati sia sulle alimentazioni a 5 Volt che a 3,3 Volt. La loro ESR (Resistenza Serie Equivalente) massima a 100 kHz è di 0,045 Ohm. I condensatori di By-pass sono invece a chip ceramico, montati sotto la scheda e perciò non visibili dalla faccia superiore della PCB. Vanto da sempre del marchio di Misinto è l'impiego d'una componentistica di livello elevatissimo e anche questo DAC non fa eccezione. Tutti i condensatori a film impiegati, a differenza di molti prodotti concorrenti che usano i classici rossi in polipropilene (PP), sono al solfuro di polifenilene (PPS), messi in un contenitore bianco, ritenuti superiori per le applicazioni audio. I condensatori a elettrolita implementati sono, a parte i cinque Cornell Dubilier di grande capacità nell'alimentatore, tutti a polimeri organici, scelti perché superiori come durata e caratteristiche ai classici elettrolici. Tutti i resistori messi nella sezione analogica sono della Vishay Beyschlag, in formato Mini-MELF a film sottile da 15 parti per milione per grado (15 ppm°) e 0,1% di tolleranza.

I rimanenti resistori della scheda DAC sono invece a film sottile e all'1% di tolleranza. L'IC convertitore utilizzato è il PCM1792 A della Burr Brown, mentre l'unico oscillatore al quarzo presente è di tipo TCXO, a bassissimo rumore di fase (-135 DBc/Hz), questo fornisce il clock a un convertitore di formato Cirrus Logic, precisamente un'interfaccia digitale ricevitrice/trasmettitrice. La filosofia è quella d'impiegare il minimo numero di parti nella sezione digitale, in modo da ottenere la massima pulizia del segnale analogico generato. Altro particolare notevole sono le alimentazioni, completamente lineari e con doppia regolazione di voltaggio in serie; quelle per la parte analogica sono gestite dai chip LT3042 e LT3093 dell'Analog Devices. Ai più tecnici possiamo dire che sono regolatori lineari di voltaggio a rumore ultra-basso (0,8 μV RMS tra 10 Hz e 100 kHz) e PSRR ultra-alto (79 dB a 1 MHz), dove l'acronimo PSRR sta per Power Supply Rejection Ratio. Di caratteristiche appena diverse è l'Analog Devices LT3093, anche lui un regolatore lineare di voltaggio (però negativo) a rumore ultra-basso e ultra-alto PSRR. Vale forse la pena dare qualche informazione aggiuntiva sul chip convertitore Burr Brown PCM1792, uno tra i più gloriosi e utilizzati in assoluto, un oggetto che, e questo DAC lo dimostra, ha ancora tantissimo da dire nonostante i parecchi anni sulle spalle.



Per inciso, anche questa continua rincorsa all'IC più prestazionale e zeppo di bit del momento trova una sostanziale indifferenza da parte della MicroSound, azienda che sa ben discernere tra ciò che è importante e ciò che non lo è ai fini della qualità audio. Alla fine della fiera è il suono quello che conta e il CDA1, da ciò che ho sentito, è in grado di provocare più di un mal di testa anche a mostri sacri della conversione. Datasheet docet, il PCM1792 è un circuito integrato CMOS monolitico che include convertitori stereo digitali/analogici e circuiti di supporto in un piccolo package SSOP a 28 pin. I convertitori di dati utilizzano l'architettura DAC a segmenti avanzata di TI per ottenere eccellenti prestazioni dinamiche e una migliore tolleranza al Jitter di clock. Fornisce uscite di corrente bilanciate, consentendo all'utente di ottimizzare le prestazioni analogiche esternamente. tale IC accetta formati di dati audio PCM e anche DSD, fornendo un'interfaccia facile con chip di decodifica e DSP audio. Accetta pure d'interfacciare dispositivi di filtro digitale esterni (DF1704 - DF1706 - PMD200). Supporta frequenze di campionamento da 10 kHz a 200 kHz. Un set completo di funzioni programmabili dall'utente è accessibile tramite una porta di controllo seriale SPI o I2C, che implementa le funzioni di scrittura e lettura dei registri.

Il PCM1792 supporta anche il formato dati Time Division Multiplexed Command and Audio (TDMCA). Altri dati da citare sono la risoluzione a 24 bit, con accettazione di dati audio anche a 16 e 20 bit. Ottime le prestazioni analogiche, forti di una gamma dinamica di 132 dB (9 Volt RMS Mono), 129 dB (4,5 Volt RMS Stereo) e 127 dB (2 Volt RMS Stereo). La THD+N si attesta sullo 0,0004%, presente un filtro digitale di sovracampionamento a 8X, con attenuazione della banda di arresto a -130 dB. Completano il quadro un'ondulazione della banda passante di ±0,00001 dB, Clock di sistema di 128, 192, 256, 384, 512 o 768 fS, con rilevamento automatico. Carlo Colombo non intende rivelare il nome dell'IC Cirrus Logic né dell'OPA Burr Brown implementato nella sezione d'uscita analogica, decisione comprensibile dal suo punto di vista e con la quale concordo pienamente, visto lo scatenarsi di reiterate polemiche sui Social riguardo la mera componentistica, senza minimamente considerare la genialità e competenza nel loro utilizzo. Giudicare la bontà di un piatto dai soli ingredienti, e non dalla perizia, esperienza e fantasia dello chef, è un'idea del tutto irricevibile.


Alfredo Di Pietro

Dicembre 2024


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