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 Silence Lab - L'insostenibile leggerezza del DSP Minimizar


 

 

INTRO



Milano Hi-Fidelity 2023 edizione primaverile e Suite 468 della Silence Lab, queste sono le due coordinate di partenza per il mio nuovo articolo. Succede anche questo, che non si va alle fiere per criticare ma per attingere nuove conoscenze dal mare magnum dell'Hi-Fi, contattare professionalità prima ignote che vengono allo scoperto per dirci qualcosa d'interessante. La foto iniziale si riferisce proprio a questa manifestazione, l'ho scattata per la precisione la giornata di sabato primo aprile. Lasciatemi dire che per me questo scritto assume particolare importanza poiché segna la ripartenza della mia attività recensoria dopo un annetto sabbatico di fermo. Un lungo periodo in cui mi sono crogiolato in riflessioni e controriflessioni che mi hanno portato a una visione più lucida e distaccata di questa mia attività. L'immagine d'apertura, in particolare, è simbolo della mia passione per le mostre Hi-Fi e per la curiosità delle novità che si affacciano sul mercato. Si, perché con l'impianto che ho lungamente ospitato nel mio salotto si entra nel territorio dei DSP (Digital Signal Processor), espressione inglese che indica un mondo che ha a che fare con il digitale, quello dei processori dedicati e ottimizzati a eseguire sequenze d'istruzioni ricorrenti (somme, moltiplicazioni, traslazioni e altro) nell'elaborazione di segnali numerici. Questo potente mezzo utilizza un insieme di tecniche, tecnologie e algoritmi che consentono di trattare un segnale continuo dopo che è stato campionato. I DSP rappresentano il sistema hardware per operare tale elaborazione dei segnali e sono attualmente implementati da microprocessori monolitici.

Protagonista di questa mia ennesima avventura audiofila è quindi la Silence Lab, un'azienda che, come sappiamo dal sito ufficiale, "focalizza il suo interesse nei prodotti per auto di alto livello. Gli altoparlanti e tutte le elettroniche in catalogo sono progettate in Italia e realizzate con i migliori materiali disponibili sul mercato. L'assemblaggio è curato da aziende in Italia e in Asia. L'odierna produzione comprende una completa e variegata linea di altoparlanti, amplificatori mono, stereo e multicanale, sistemi di processamento del segnale audio (DSP) e accessori per l'installazione in auto. Da quest'anno l'azienda ha iniziato lo sviluppo di prodotti per l'Hi Fi Home." Giuliano Re ne è il titolare, una persona molto preparata e piacevole, dotata di grande pazienza, cosa che ho potuto constatare di persona durante l'installazione dell'impianto e la regolazione dei vari parametri, operazioni che hanno portato via buona parte del pomeriggio. Non era da solo, ma aiutato da Carlo Colombo, titolare della MicroSound Technology, altro "enfant terrible" dell'alta fedeltà nostrana, un professionista che ha partecipato attivamente al progetto dell'A4.200. Ma chi è Giuliano Re? Lo scopro intervistandolo, con la doverosa premessa che non è stato disponibile a una descrizione dettagliata delle varie procedure di settaggio, le quali sono andate oltre il tempo del nostro appuntamento, richiedendo delle visite supplementari.


L'AZIENDA

La Silence Lab nasce dalla grande passione per gli altoparlanti di Giuliano Re, collaboratore per lunghi anni della SIPE (fabbrica di trasduttori nata nel 1967 su iniziativa del grande Olimpio Tontini) e della RES di Roberto Pesce. A lui piacevano sia i SIPE che i RES, ma voleva dire qualcosa di personale in questo campo e a un certo punto ha deciso di farseli come voleva lui, nella convinzione che si poteva fare di meglio. Ha tuttavia dovuto cercare chi glieli producesse, in quanto sfornito delle attrezzature necessarie, e quando ha trovato un'azienda in grado di assicurare un ottimo livello qualitativo la cosa ha avuto inizio. Giuliano ha sempre operato prevalentemente nel settore Car, da lì è nata l'esigenza di prendersi cura dei DSP, indispensabile per ottenere un alto livello di riproduzione sonora nell'abitacolo di un'auto. Questo è un interesse che ha coltivato e continua a coltivare in collaborazione con un ingegnere molto bravo, mosso dalla passione per la musica riprodotta sia in automobile che in ambiente domestico. Abbastanza di recente, durante il confinamento per COVID 19, si è chiesto perché non dovesse impegnarsi anche nel campo dell'Home Hi-Fi, sostenuto dalla convinzione di possedere tutte le capacità necessarie per farlo. Ecco i primi esperimenti, esitati in dei buoni risultati, sino ad arrivare nel giro di un paio d'anni all'attuale produzione. Gli faccio a bruciapelo una fatidica domanda: "come mai il fattore dell'ottimizzazione acustica ambientale è in genere trascurato dagli audiofili?" Lui non ha dubbi, risponde pronto, imputando tale incuria al fatto che l'appassionato non ha ben presente il concetto di riproduzione stereofonica.

La ricostruzione tridimensionale del palcoscenico sonoro è un argomento di cui ha sentito parlare, magari su un forum di discussione, ma che non ha mai approfondito. C'è da dire che, in realtà, solo pochi hanno potuto apprezzare questo parametro nella sua correttezza in un impianto Hi-Fi, essendo l'attenzione dell'audiofilo medio più che altro focalizzata sul piacere della timbrica. Ma anche qui, se il sistema non è preciso e non ha un corretto allineamento temporale degli altoparlanti la resa timbrica peggiora. Alcune alterazioni della fase e dell'allineamento vanno un po' a smussare alcuni difetti, dando un apparente maggior gradevolezza al suono. Sulle frequenze medio-basse, per esempio, occorre avere a priori una buona modulazione, come un'assenza di code nelle ultrabasse. Allora, se il nostro sistema possiede già in partenza tali qualità, un buon allineamento nel tempo dà esito positivo, se invece queste sono carenti non fa altro che peggiorare le cose, rivelando con chiarezza i dettagli ma anche i difetti. Se diamo uno sguardo al mercato, i diffusori progettati per avere una coerenza temporale sono pochi, possiamo citare le Acapella, qualche modello di Sonus Faber, mentre quasi tutti i monitor non rivelano questa cura. Di conseguenza non possono offrire una corretta ricostruzione del soundstage, per non parlare di quei sistemi che hanno per esempio la porta reflex posta sul pannello posteriore, questi diventano così condizionati dall'ambiente, a livello del riallineamento temporale nel punto d'ascolto, che non potranno mai essere coerenti, manifestando magari un basso che galleggia dappertutto e che non rende possibile la precisa localizzazione di un contrabbasso.

L'inganno stereofonico, secondo Giuliano Re, è la prima realtà virtuale che il genere umano ha inventato, permette di sentire le voci soliste provenire dal centro, il coro sullo sfondo, anche se in quelle posizioni dello spazio non c'è nulla che emetta suono. La realtà virtuale emerge come un valore aggiunto che al titolare della Silence Lab piace ricreare per poi offrire al cliente. Un altro dei problemi che spesso incontra il suo sistema è che in certe registrazioni mette a nudo la mancanza di coerenza o il pessimo missaggio. Altro fattore cruciale nell'ambito della fatica d'ascolto è il riequilibrio energetico in ambiente su tutta la gamma udibile. Chi fa musica, o anche il fonico impegnato nel suo lavoro, cerca generalmente di ottenere un risultato equilibrato, dove l'energia acustica emessa trova un buon bilanciamento. Il fatto di avere una riproduzione che viene riequilibrata con interventi di equalizzazione su ogni via diminuisce senza dubbio la famigerata fatica d'ascolto. Il dettaglio non è un qualcosa che va cercato ma è lui che deve venire da te, spontaneamente. Tra i vantaggi che offre un DSP c'è innanzitutto quello che ogni altoparlante ha il suo amplificatore dedicato, cosa non da poco. Parliamo dunque di un sistema che annulla le differenze temporali di arrivo dei vari trasduttori alle orecchie e, soprattutto, consente che gli incroci tra le varie vie si "bacino", non solo nel punto prestabilito ma nel loro intorno di frequenze, cioè più in basso e più in alto. Così viene restituito un accoppiamento tra i suoni più naturale, anche se c'è molto da lavorare per ottenerlo.

Il sistema che Giuliano mi ha portato in casa per una prova d'ascolto ha subito un complesso processo di ottimizzazione, il quale lascia sempre dei margini di miglioramento cui asintoticamente tendere. Insomma, una volta trovato un "difettino" lo si sistema, per poi scoprire in un secondo momento che ce n'è un altro e un altro ancora, questo è il brutto e il bello dell'alta fedeltà. Il cosiddetto "fine tuning" prevede spesso un interminabile roteare di cavi, accessori, millimetrica disposizione dei diffusori, dove la soddisfazione non è duratura; passa un po' di tempo e tutto viene rimesso in discussione. Ho quindi avuto in casa una catena di non banale configurazione, che dev'essere affidata a una persona esperta, diversamente c'è il rischio reale di non ottenere dei buoni risultati. Detto in altri termini, quando ci si mettono le mani sopra non sempre il suono migliora. Lo stesso Giuliano Re, professionista al di sopra di ogni sospetto, agisce riascoltando il risultato di una regolazione uno o due giorni dopo la sua effettuazione, non di rado ricavando delle sensazioni diverse dalle iniziali. Purtroppo il cervello non aiuta molto in questo lavoro, afferma. Del resto succede che  siamo concentrati a risolvere un difetto, riusciamo a eliminarlo ritenendo a posto il sistema, però non siamo attenti a ciò che è avvenuto in altri punti. Insomma, è un mondo difficile.


L'IMPIANTO



H-DSP10

DSP Hi-End
- 1 Ingresso stereo analogico
- 2 Ingressi digitali coassiali
- 5 Uscite stereo analogiche
- 2 Processori Analog Device
- Tutta la catena digitale lavora a 192 kHz/24 bit
- 31 Equalizzatore semi-parametrico a 31 bande indipendenti su ogni canale d'uscita
- Crossover Hi-Pass e Low-Pass indipendenti con 5 pendenze e 4 allineamenti su ogni canale d'uscita
- Allineamento temporale indipendente per ogni canale d'uscita
- DAC PCM 1792
- OpAmp OPA 1602 con Slew Rate 20 V/µs

A4.200

Amplificatore finale di potenza Hi-End in Classe AB 4 canali da 50 Watt
- Ingressi indipendenti
- Finali MOSFET
- Classe AB
- Alimentazione switching sovradimensionata (500 Watt)
- Elevata capacità di Power Storage



M165.2

Diffusore Hi-End a 2 vie in sospensione pneumatica
- Woofer da 165 mm cono in carta, sospensione a doppia onda in gomma, magnete Ferrite+Neodimio
- Tweeter da 28 mm con camer di risonanza, cupola in seta
- Mobile in massello di ciliegio



SW12.200

Subwoofer Hi-End amplificato 200 Watt in Classe D
- Altoparlante da 12", cono in carta, sospensione in gomma, bobina mobile da 75 mm
- Sospensione pneumatica
- Amplificatore finale da 200 Watt in Classe D
- Alimentatore switching sovradimensionato (300 Watt)




ANCHE LA SCENA VUOLE LA SUA PARTE
IMPRESSIONI D'ASCOLTO


Ludwig van Beethoven - Sinfonia N. 5 - New York Philarmonic Orchestra - Kurt Masur
Jaco Pastorius - Jaco Pastorius
Weather Report - Tale Spinnin'
Liberetto - Lars Danielsson featuring Tigran/Magnus Öström/Arve Henriksen/John Parricelli
The Who - Odds & Sodds (1998 Remastered)
Sinfonia N. 8 di Gustav Mahler - Royal Concertgebouw Orchestra - Riccardo Chailly
Anton Bruckner - Sinfonia 8 - Bavarian Radio Symphony Orchestra - Mariss Jansons
Bach - The Goldberg Variations - Glenn Gould (1981)
Flamingo - Michel Petrucciani & Stéphane Grappelli
Mussorgsky - Pictures at an Exhibition and all other Piano works - Maurizio Baglini e Roberto Prosseda
Volodos plays Brahms - Arkadij Volodos'
Heaven & Hell - Ava Max

Noto con disappunto che certi atteggiamenti nella migliore delle ipotesi irridenti si sono agevolmente trasferiti dai forum ai social. Quando ho aperto su Facebook (l'unico che frequento) un argomento riguardante questa mia futura recensione, non è mancato chi ha ironizzato sulla degnità del mio salotto a essere utilizzato come sala d'ascolto. Un autogol, senza dubbio, perché è proprio in ambienti perfettibili come il mio che un impianto governato da un DSP ha modo di dimostrare tutta la sua validità, nettando le eccellenti prestazioni soniche di cui è potenzialmente capace dal contributo negativo di una stanza non trattata e per di più asimmetrica per quanto riguarda le pareti laterali. Sono certo che senza l'ottimizzazione acustica operata da Giuliano e Carlo tramite l'H-DSP10, mai avrei potuto godere dell'equilibratissima immagine stereofonica, svincolata dall'ambiente circostante e favorita dai tempi d'arrivo delle varie emissioni (subwoofer, mid-woofer e tweeter dei due canali) perfettamente sincrone nel punto d'ascolto. Eliminati dunque quei problemi di fase che scombinano e confondono i piani sonori del palcoscenico tridimensionale, ogni registrazione ha potuto conoscere una seconda vita. A monte di questi ascolti, come dicevo, c'è stato un ponderoso lavoro di messa a punto che ha richiesto quasi un pomeriggio intero più qualche altro appuntamento aggiuntivo. Il mio salotto è stato quel giorno occupato non solo dai componenti che formano l'impianto, ma da un PC, addetto alla comunicazione con il DSP interno al preamplificatore, vari cavi, un lettore portatile di file (DAP), un microfono e un cavalletto su cui posizionarlo.

Se devo sintetizzare la impressioni ricevute, oltre a una scena stabile e credibile è emersa una bassa fatica d'ascolto, anche per volumi sostenuti (95 dB medi in certi casi, fonometro di Arta alla mano). Intendiamoci però su questo termine, significativo di un disagio che può avere genesi diverse. Non parlo in questa sede di quella originata da eventuali distorsioni, metallicità e/o vetrosità del timbro, ma proprio quella in cui incorre il nostro cervello nel tentativo di rimuovere la nebbia provocata da una focalizzazione scenica appannata. Su questo parametro trovo che il sistema Silence Lab abbia ben pochi paragoni. Mi ha colpito anche la gamma bassa, profonda e perfettamente controllata, mai invadente o fuori dalle righe, tanto da parermi a tratti piuttosto castigata (ma su questa, da buon frequentatore di concerti, mi sono subito ricreduto). Pesco a caso un esempio dalla carrellata di ascolti, lo Scherzo (Allegro) della Sinfonia N. 5 di Ludwig van Beethoven, con Kurt Masur alla testa della New York Philarmonic Orchestra. Nel Trio c'è un bellissimo fugato affidato ai contrabassi e violoncelli, reso con un nerbo, una velocità e un'articolazione davvero superbi, ma su questo si potrebbe continuare esaminando altre registrazioni. Donna Lee o Portrait of Tracy dall'album Jaco Pastorius sono un chiara testimonianza delle qualità del subwoofer SW12.200, il senso del ritmo è conservato, non viene lasciato spazio alcuno a una riproduzione gelatinosa, le note scorrono fulminee e con felina agilità. Affezionato come sono alla musica della mia gioventù, non rinuncio all'ascolto di Badia, quarta traccia dell'album Tale Spinnin' degli amati Weather Report, la quale mi dà il destro per saggiare le doti del tweeter montato sui monitor M165.2.

Un trasduttore che brilla per finezza, capacità di dettaglio e assoluta assenza di aggressività, senza per questo rimetterci in dinamismo. Posso tranquillamente dire che i tre trasduttori progettati da Giuliano Re hanno mostrato delle ottime doti di pulizia, velocità, dinamica e una presentazione timbrica tendenzialmente neutra, certamente un'ottima base di partenza su cui lavorare. Va bene il DSP e l'equalizzazione, ma se i componenti non aiutano credo ci sia ben poco da fare sul risultato finale. Si, altoparlanti di classe che hanno reso emozionante anche l'ascolto dell'album Liberetto di Lars Danielsson, compresi il Liberetto II e III, che hanno spiccato per una gamma media tersa, robusta e sufficientemente "frontale" per far annoverare questo bel due vie con mobile in massello di ciliegio tra i monitor di pregio. Un sistema che all'occorenza sa suonare forte, molto forte: in Odds & Sodds dei leggendari The Who (1998 Remastered) non avverto limitazioni di tenuta in potenza o esitazioni di alcun tipo. Il suono è graffiante ma equilibrato, compatto e per nulla disposto a disunirsi al salire dei Watt, anche delicato e ricco di suggestioni in Mary Anne with the Shaky Hand, un brano per certi versi lunare, che ricorda certe atmosfere espresse in Tommy (ascoltare It's a boy per credere). Ero particolarmente curioso della resa scenica, che ho voluto adeguatamente testare con un album "ad hoc": la grandiosa Sinfonia N. 8 di Gustav Mahler, nota anche come Sinfonia dei Mille per via dell'immenso organico vocale, corale e strumentale. In Veni, creator spiritus avverto una sorta di scossa elettrica, il fronte sonoro è particolarmente ampio e va molto al di là dei limiti fisici dei diffusori.

Le grandi capacità dinamiche, l'abilità a gestire con apparente disinvoltura delle grandi masse sonore, ma anche una rimarchevole capacità di sbalzo plastico delle piccole variazioni di livello sonoro sono cose che potrebbero mandare in sollucchero gli estimatori del grande sinfonista tardoromantico, per non parlare di quello che è stato in grado di fare con Anton Bruckner (di cui ho ascoltato l'intera Ottava Sinfonia, con delle tube wagneriane d'inusitato nitore). Mi soffermo sulla gamma media, senza voler dare l'impressione di un ascolto fatto per bande, poichè è l'insieme che conta, con la mitica registrazione del 1981 di Glenn Gould delle Variazioni Goldberg di J.S Bach. Un range centrale schietto, molto ben presente ma non sfrontato o impudente, sempre di grande sincerità e impietoso su eventuali difetti. Una vera lente d'ingrandimento sulla qualità di una registrazione, dote che classifica questo sistema come rivelatore, anche se non puntigliosamente analitico e carente di musicalità. Mi diverto molto con Little Peace in C, dall'album Flamingo di Michel Petrucciani e Stéphane Grappelli, brano frizzante, ammiccante, godibilissimo anche perchè ottimamente inciso, proseguendo poi con un elettrizzante Take the "A" train, dalla raccolta Triple best of Petrucciani. Sua maestà il pianoforte merita un supplemento d'indagine con La grande porta di Kiev dai Quadri da un'esposizione, con Maurizio Baglini allo strumento in una registrazione Decca invero un po' riverberata e con le medio-alte in leggera evidenza. Meglio è dal punto di vista della qualita di registrazione il CD Volodos plays Brahms, che esibisce un suono molto corretto, pulito e dal bilanciamento esemplare.

Termino questa parziale carrellata di brani (in realtà nel mese abbondante in cui il sistema Silence Lab è rimasto nel mio salotto ne ho ascoltati molti di più) con qualcosa di più recente: Heaven & Hell di Ava Max, disco sbarazzino, divertente, vivace, nel segno di una giovane modernità. Anche se lo si sarà già capito, ribadisco il mio gradimento per questo sistema Silence Lab, che a mio parere ha diritto di cittadinanza nella Hi-End più raffinata.


Alfredo Di Pietro

Novembre 2023


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