Ogni passione che ci attraversa suggerisce di guardare avanti, nello sforzo di definire se non nuovi orizzonti almeno di vedere con maggior chiarezza quello che abbiamo davanti, non escludendo le sue evoluzioni o involuzioni nel tempo. Esistono diversi modi di coltivare l'alta fedeltà, delle ramificazioni che si congiungono in un medesimo tronco, e uno di questi è proprio quello della frequentazione delle mostre dedicate all'audio. In questi anni ho seguito quasi tutti i Milano Hi-Fidelity (sino al 2012 si chiamavano Milano Hi-End) impegnandomi a dare una visione che fosse la più completa possibile di ogni edizione, come di un visitatore che si reca sistematicamente ovunque, spazio espositivo, sala o saletta che siano, in modo tale da avere una visione globale di ogni cosa mostrata o dimostrata. Questo modo di fare certosino mi ha talvolta attirato delle critiche, delle ironie sull'eccesso, a parere di qualche operatore, mai di qualche visitatore, d'immagini pubblicate. Un operatore in particolare mi addebitava un eccesso di zelo e la pubblicazione di foto relative ad accessori, secondo lui superflue, senza peraltro chiedersi se anche queste non facessero parte della fiera e non avessero quindi diritto di cittadinanza, per così dire.
Emerge dunque il proposito di non trascurare nulla di ogni evento nei miei report, anche se ciò costa tanta fatica e l'impossibilità di pubblicare i resoconti in tempi stretti, anche in considerazione del fatto che ogni foto è corredata con delle didascalie che per poter essere stilate correttamente richiedono la consultazione di fonti attendibili. Il valore aggiunto di questo "modus operandi" credo sia quello, alla fine di tanto ordire, di poter tratteggiare una visione complessiva di una mostra estremamente variegata come il Milano Hi-Fidelity di Stefano Zaini, quella alla quale sono più affezionato e che seguo da più anni. Il succo estratto parla di un'alta fedeltà non riducibile a una sola tipologia, economicamente parlando, ma a una serie pressoché infinita di gradazioni che partono da pochi euro per finire a decine di migliaia. Non a caso citavo in un argomento da me aperto su Facebook due esempi di amplificazione, ma in questa sede ne posso fare altri due (tenendo buono l'estremo superiore) con l'amplificatore in Classe D Wondom - Sure Electronics AA-AS32157, che costa 34,51 euro, e il colosso Gryphon Apex Stereo, un amplificatore finale di potenza che di euro ne costa 109.680, senza contare che bisogna munirlo di un preamplificatore a lui adeguato.
È un discorso che si potrebbe estendere a ogni tipologia di oggetto. Ma qual è la conclusione? Che chi tanto si lamenta dei costi esosi dell'Hi-Fi non ha ben chiara la situazione del mercato, vedendo, forse capziosamente, solo certe realtà e non altre. La morale della favola è che ogni tasca viene messa in grado di scegliere un impianto che rientri nelle sue possibilità, una catena che possa assicurargli una riproduzione audio di buon livello. Anche certe polemiche relative alla maggiore o minore onestà degli operatori, i quali talvolta offrono progetti che potremmo eufemisticamente definire modesti, vendendoli a cifre esorbitanti o comunque lontane dall'effettivo valore, lasciano il tempo che trovano. Nulla di nuovo sotto il sole: i furbi spennapolli esistono in realtà in ogni tipologia merceologica, nessuna esclusa, l'importante è saperli ricoscere per non cadere nelle loro ragnatele. Ma cosa ha potuto vedere d'interessante il visitatore che si è recato al Milano Hi-Fidelity autunnale 2024? Molto direi, a iniziare dall'eccezionale livello della sala dedicata alla Audio Reference, dove suonavano una coppia di fantastiche Rockport Orion pilotate dal bestione di cui sopra, il Gryphon Apex Stereo, preamplificato dal Gryphon Commander.
Nella Sala Bosco Verticale 2 di Axiomedia un trionfo di piccole elettroniche, cavi e accessori vari, cose che dimostrano quanto sia viva e vitale l'HiFi cosiddetta "affordable". Qui a Jack Ballo è piaciuto darmi in prova un amplificatore integrato in Classe D, l'Aiyima A02, che a casa ho scoperto avere un suono molto valido. Sempre parlando di alta fedeltà abbordabile impossibile non citare l'ultima creazione di Indiana Line, il Diva 6, torre snella dal suono analitico ma non freddo, di egregia caratura sonica. In Sala Pirellone della Vrel Electroacoustic ho potuto apprezzare la piccola rivoluzione che Roberto Verdi ha compiuto sul suono dei suoi diffusori, ora privi di qualsiasi punta di aggressività e naturalissimi, grazie anche al nuovo woofer, in cui si è lavorato sull'abbattimento del ringing, con nuovi accorgimenti nei coni contro l'insidioso fenomeno del Break Up di membrana, e sul controllo della fase, con nuovi elementi costruttivi come le cinque barrette posizionate sulla membrana. Anche la Grandinote del simpatico Massimiliano Magri, presente in Sala Libeskind, oltre a proporre delle bellissime elettroniche, ha voluto sottoporre le sue elettroacustiche (rappresentate dal modello "Mach") a un affinamento che le ha portate a emettere un suono più ricercato rispetto alla precedente produzione.
Una gradita sorpresa: lo spazio espositivo Twenty Four Hours, dove ho avuto il piacere d'incontrare Paolo Lippe, un caro amico e redattore di Fedeltà del Suono, insieme con sua figlia Letizia. Segnalo inoltre la rassegna di bel vintage esposta dalla Phonolab in Sala Gae Aulenti 2, roba da far venire gli occhi lucidi a un audiofilo "d'antan" come me. Un'impianto sensazionale nella sala più ampia della mostra, la Velasca 1, dove Il Centro della Musica in collaborazione con Audiogamma dimostrava due autentici capolavori di elettroacustica, i Vivid Moya M1 (450.000 euro la coppia), le cui caratteristiche più salienti sono state spiegate al pubblico dal progettista in persona: Laurence Dickie. Un impianto dal costo complessivo di 700.000 euro, secondo me il più stupefacente non solo della mostra, ma posso azzardare a dire che è stato il migliore mai ascoltato sinora in vita mia. Grandioso ed eccezionalmente realistico sono le prime due parole che mi vengono in mente. Purtroppo nelle salette del Piano +1 è stato per me un massacro, ambienti piccoli, gremiti di persone sino all'impossibile, dove si doveva fare letteralmente a spallate per procedere. In molte di queste la fila arrivava sin dietro la porta d'ingresso. Nella prossima edizione cambierò di sicuro orario di visita, se voglio sopravvivere.
Anche qui, acustica ambientale a parte, ci sono state delle belle novità, una su tutte i nuovi diffusori Morel Avyra 622, sistemi a due vie da stand presenti nella Suite 115 di Microsound Technology, i quali hanno sfoderato un suono davvero di alto livello, dotato di un palcoscenico la cui ampiezza è andata ben oltre le dimensioni fisiche del mobile. Un suono equilibrato, molto accurato, di ottima definizione e grande raffinatezza, insospettabile per il prezzo richiesto di 1250 euro la coppia. Ho il piacere e l'onore di averle in casa per una recensione, in questo momento pilotate, pensate un po', dal piccolo integrato Aiyima A02, anche lui alla sbarra. Bene, non mi resta che augurarvi come sempre buona passeggiata!
Alfredo Di Pietro
Segue alla Prima Parte...