Alfredo Di Pietro: Caro maestro, il "suo" Beethoven mi ha sempre interessato. Ci eravamo lasciati nell'aprile 2017 con l'intervista "Aspettando Beethoven". In più, il sito Non solo audiofili ha preso in considerazione nel maggio dello stesso anno l'evento La Primavera di Baggio, da lei diretto, cosa avvenuta anche nel maggio 2018. Sono quindi passati sette anni, come si è evoluta la sua visione del mondo beethoveniano in questo lasso di tempo?
Davide Cabassi: In questi sette anni sono continuate le ricerche ed è proseguito il lavoro di scavo e di conoscenza del mondo beethoveniano. Fondamentali sono state le uscite per LIM della collana riguardante appunto le sonate beethoveniane, curata da Giorgio Sanguinetti, e l'utilizzo di una nuova edizione fondamentale, curata da Barry Cooper per la Royal Accademy di Londra (ABRSM) accostata a quella a cura di Jonathan del Mar per Bärenreiter. Tutta questa mole d'informazioni è confluita dunque in un'interpretazione che credo ancora più informata e consapevole.
ADP: La mia ammirazione per le sue interpretazioni del genio di Bonn è motivata anche dalla grande levigatezza del suono, dalla partecipazione emotiva intensa ma sempre in equilibrio con un singolare rigore, che significa anche rispetto, e un senso di amabilità che possiamo condensare, per esempio, nell'Andante Favori in F WoO 57. È davvero musica senza tempo quella che ci porge, dotata della miracolosa virtù di rinnovare perennemente la sua freschezza?
DC: Credo significativo aver intitolato quest'ultimo disco "Time Past & Time Future". Questo titolo è ricavato da una quartina di Eliot presa dai "Quattro quartetti", in cui il poeta afferma che il tempo passato e il tempo futuro confluiscono nella contemporaneità, ovvero nel tempo presente. "Tempo presente e tempo passato sono forse presenti nel tempo futuro, il tempo futuro è contenuto nel tempo passato. Se tutto il tempo è eternamente presente tutto il tempo non è riscattabile." Ecco, questo è esattamente quello che penso di queste sonate. C'è il tempo passato, con l'utilizzo da parte di Beethoven di forme e stilemi compositivi tratti dalla pratica dei compositori a lui precedenti (il contrappunto, l'arioso handeliano ma anche la romanesca romanza che apre la 109) ma che poi in qualche modo porta, con la sua straordinaria sperimentazione timbrica, formale e armonica, l'intera storia della musica avanti di almeno cinquant'anni, dunque nel tempo futuro, per raccontare il nostro animo in ogni momento della sua contemporaneità. Questo spiega la costante freschezza di questa musica e la sua attualità.
ADP: Quest'ultimo suo magnifico album "Beethoven - Time Past & Time Future" suggerisce una continuità con i quattro precedenti album che ha dedicato all'autore tedesco, pubblicati nel 2015, 2018, 2021 e 2016, e allo stesso tempo uno sguardo proiettato verso l'avvenire. Possiamo considerare quest'ultima sua tappa, credo intermedia, frutto di un avvincente viaggio nell'universo beethoveniano. La invito a raccontarci la maturazione, o anche delle eventuali riconsiderazioni, intercorsi tra Time Past & Time Future e i precedenti quattro CD.
DC: Penso che la differenza fondamentale fra quest'uscita e le precedenti stia proprio nella natura stessa di queste ultime tre sonate. Sono brani in cui non c'è nessuna possibilità di non mettersi totalmente a nudo, in modo assolutamente sincero e onesto, quasi spietato. Non che le sonate precedenti siano altrettanto schiette, ma Beethoven, andando verso la fase conclusiva della sua produzione, mette l'interprete davanti a uno specchio che lo racconta con sfumature infinitesimali. Non c'è nessuna possibilità di vestire panni che non siano trasparenti, maschere nude. Un amico carissimo mi ha scritto, ascoltando il finale della 111, che "dietro a quelle note di cristallo si palesa l'anima fragile e nuda".
ADP: Dico la mia, sperando di non peccare di fantasia, ma credo che tra l'Allegro molto e con brio dell'Op. 10 N. 1 e l'Arietta. Adagio molto semplice e cantabile dell'Op. 111 ci siano delle non eclatanti ma sensibili differenze d'approccio. Sono persuaso che la sua arte pianistica non abbia rinunciato a quello smalto argentino che tutti le riconosciamo, acquistando tuttavia una maggior differenziazione nei cangianti frangenti emotivi, insieme a un'introspezione più pronunciata. Concorda con questo mio pensiero?
DC: Concordo assolutamente. Come dicevo nelle risposte precedenti, questa musica racconta il momento di chi la sta affrontando, di chi sta cercando la propria identità attraverso queste note. Certo, la mia vita, come quella di ciascuno di noi, è cambiata radicalmente rispetto a quando ho affrontato le Sonate Op. 10, facendomi scoprire nuovi dolori, grandi prove, difficilissime da superare, e facendomi apprezzare anche la fragilità e la caducità dell'essere umano. Credo che questo sia molto percepibile in queste registrazioni.
ADP: In riferimento alla precedente domanda, porto a esempio il sublime "Gesangvoll, mit innigster Empfindung. Andante molto cantabile ed espressivo" della Sonata N. 30, per me una vetta interpretativa. Qui lei riesce a coniugare meravigliosamente le molteplici variazioni umorali, grazie a una magistrale gestione agogico/dinamica, senza tuttavia mai perdere quel ferreo filo conduttore che rende compatto e credibile questo movimento.
DC: Caro Alfredo, questa è una sua gentile constatazione, di cui la ringrazio molto, e quasi non è una domanda. Posso solo aggiungere che il mio tentativo è stato quello di trovare la voce umana, ovvero lo strumento più intimo e sincero dell'essere umano, in tutte e tre queste sonate, che sono modulate sul canto. Il canto come strumento di conoscenza e come intima voce dell'animo.
ADP: Sul Social Facebook, parlo di questo perché lo frequento, c'è stato un vero e proprio florilegio di recensioni, commenti, o anche semplici attestati di stima su Beethoven - Time Past & Time Future. Sono dimostrazione che quest'album ha colpito nel segno. Si aspettava un tale successo?
DC: Dire che me l'aspettavo sarebbe immodesto, ma sarebbe anche poco autentico dirLe che non sia felice del fatto che la critica abbia sottolineato la sincerità e la grande onestà di questo lavoro. Mi ha dato tanto piacere, come quando un lavoro arriva all'obiettivo che si è preposto.
ADP: Mi consenta un'altra riflessione, sulla quale le chiedo un riscontro, riguardo all'Op. 109, la mia preferita del corpus sonatistico beethoveniano. Mi riferisco al "Prestissimo", un movimento breve e tempestoso che riconduce chi ascolta a una drammatica realtà, tra gli incantevoli arabeschi del prima e del dopo. Alla battuta 70 troviamo una fibrillante figurazione in crome alla mano sinistra, nel registro grave dello strumento, un si e un altro si all'ottava, che diventa un do/do nelle ultime quattro misure. Laddove in altre interpretazioni si avverte un calo di tensione in lei invece questa rimane intonsa. Le chiedo se questa è una scelta mirata a conservare quella coesione d'insieme conferita a quest'enigmatica sonata.
DC: Intanto mi complimento per l'acutezza dell'osservazione. È certamente voluto che quella modulazione così straordinaria, al sesto grado della tonalità di mi minore, sia un incremento di tensione piuttosto che un decremento della stessa e che questo certamente aiuti a una compattezza della struttura, alla quale ho mirato con pervicacia.
ADP: Mi consenta una piccola divagazione su J.S. Bach, comunque riconducibile alle mie personali considerazioni sulla sua arte pianistica. Nel "Capriccio sopra la lontananza del suo fratello dilettissimo BWV 992" trovo lo stesso intenso "feeling" riscontrato in Beethoven, la volontà di esprimere un qualcosa di suo non però disgiunta dalla deferenza che si deve a questi sommi autori. È un approccio naturale il suo oppure frutto di studio e fatica?
DC: Sono convinto che la libertà delle scelte, la vera libertà, stia nello studio, nell'approfondimento e nel rispetto assoluto del testo, che, nella sua stessa natura semiologica, ci consente un'immensa varietà di possibilità di scelte interpretative. In questo trovo la mia adesione più intima e sincera al messaggio del compositore che, credo, possa essere desunto soltanto dallo studio e dall'affetto profondo per il testo scritto.
ADP: A questo punto, più che una domanda vorrei esprimerle un desiderio. Ha mai preso in considerazione l'interpretazione delle monumentali 33 Variazioni su un valzer di Anton Diabelli Op. 120? Le confesso che, da sfegatato ammiratore di L.v. Beethoven, mi piacerebbe molto sentirle suonate da lei.
DC: Le Diabelli sono un obiettivo che mi sono posto per i prossimi anni, per cui posso dirle che, prima o poi, ne darò una mia versione.
ADP: Sono consapevole che questa mia ultima domanda potrebbe sembrarle un po' avventurosa, ma desidero fargliela lo stesso: come presagisce che sarà il suo Beethoven nel tempo futuro?
DC: Vedo il mio rapporto in futuro con Beethoven come quello sempre più di un compagno di viaggio, di un fratello di strada. Quando si è giovani si vedono queste cariatidi dell'umanità, come Dante, Michelangelo, Beethoven, come delle montagne da scalare. Più s'invecchia e più ci si rende conto in realtà che loro, con immensa generosità, hanno dato a tutti noi la possibilità di specchiarci nelle loro opere e di trovare un pezzo di noi nel loro lavoro. Perciò affronto il mio rapporto con questi giganti con la riconoscenza che si ha per il fratello più caro.
Alfredo Di Pietro
Gennaio 2024