Cerca English (United States)  Italiano (Italia) Deutsch (Deutschland)  Español (España) Čeština (Česká Republika)
lunedì 29 aprile 2024 ..:: Orazio Sciortino - C.P.E. Bach - Piano Concertos ::..   Login
Navigazione Sito

 C.P.E. Bach - Piano Concertos & other works for solo piano - Orazio Sciortino - Orchestra di Padova e del Veneto Riduci


 

 

Piano Concerto in D Major Wq. 43/2. H. 472

- Allegro di molto / Andante / Allegro di molto
- Andante
- Allegretto


Sonatina in D Major Wq. 96. H. 449

- Andante ed Arioso
- Allegro


Piano Concerto in E Major Wq. 14/2. H. 417

- Allegro
- Poco adagio
- Allegro assai


Fantasia II in C Major Wq. 61/6

La Gleim: Rondeau Wq. 117/19



Nell'immagine di copertina del CD "C.P.E. Bach - Piano Concertos & other works for solo piano - Orazio Sciortino - Orchestra di Padova e del Veneto", edito dalla hänssler Classic, vediamo un primo piano del giovane compositore e pianista siracusano. Colpiscono i suoi occhi cerulei, che io avevo già visto incontrando di persona il maestro, una prima volta in occasione di un recital milanese di Andrea Bacchetti, poi a un suo concerto tenutosi il 21 gennaio 2023 a Villa Necchi Campiglio, sempre a Milano. Degli occhi che possiamo suggestivamente immaginare come due finestre sull'immensità della musica, testimoni oculari (è proprio il caso di dirlo) di larghi orizzonti artistici. Un azzurro che ritroviamo in trasparenza nel suo brano "Lives Trough a Glass", una sorta di viaggio con destinazione verso un territorio atemporale, magmatico, generatore di eventuali e molteplici sviluppi. Classe 1984, Orazio Sciortino è dotato di un singolare "understatement", molto umile e di poche parole, come tutte le personalità più ascose va scoperto piuttosto che conosciuto mediante più o meno vistosi sbandieramenti mediatici. Consentitemi d'indulgere in quelle che Pier Paolo Pasolini chiamava le "banalità linguistiche della biografia", lo saranno anche ma aiutano a conoscere meglio un musicista che ha compiuto gli studi di pianoforte prima a Siracusa e poi a Imola con maestri del calibro di Boris Petrushansky, Michel Dalberto e Louis Lortie.

Dopo gli studi di composizione, compiuti presso il Conservatorio "Giuseppe Verdi" di Milano, ha debuttato come direttore d'orchestra e pianista solista al Teatro alla Scala nel 2011, con la prima esecuzione contemporanea del "Concerto per pianoforte e orchestra" di Disma Fumagalli, alla direzione dell'orchestra dei Cameristi della Scala. Collabora con importanti istituzioni musicali italiane ed estere, il citato Teatro alla Scala di Milano, MITO SettembreMusica, Orchestra Verdi di Milano, Orchestra del Teatro La Fenice e altre prestigiose fondazioni. Attivo anche nel teatro musicale, ha composto La Paura, opera sulla Grande Guerra, esordita al Teatro Coccia di Novara. Per il Teatro alla Scala ha scritto La Gattomachia, favola musicale per narratore, violino concertante e archi. Il brano che prima citavo, Lives Trough a Glass, è nato su richiesta della prestigiosa Maison di Champagne Krug, la quale ha nominato Sciortino come Ambassador, da dedicarsi alla Krug Grande Cuvée. Un pezzo incluso nella raccolta "Self Portrait", pubblicato dall'etichetta Sony Classical. Pare che il maestro sia anche un ottimo cuoco, nutrendo una grande passione per la cucina. Le sue esecuzioni al pianoforte sono state trasmesse sul territorio nazionale da Radio Classica, Rai Tre, Radio Tre, Radio Svizzera Italiana e incise da Dynamic, Bottega Discantica, Limen Music, Sony Classical e Ricordi-Universal. Particolare successo ha riscosso il doppio CD "Wagner & Verdi piano transcriptions by Tausig & Liszt", pubblicato nel 2013 da Sony Classical, che ha ricevuto le Cinque Stelle dalla rivista "Musica".

Grandi riconoscimenti ha avuto anche questo suo ultimo disco, ricavato dall'evento "live" del 14 marzo 2019 all'Auditorium Pollini di Padova, durante il quale sono stati eseguiti i Concerti per pianoforte e orchestra Wq. 43/2 e Wq. 14 di Carl Philipp Emanuel Bach, l’Ouverture Egmont di Beethoven e la Sinfonia N. 80 di F.J. Haydn. Riceviamo una piccola scossa elettrica all'apertura del Concerto Wq. 43/2. H. 472, immerso in un serrato spirito concertante. Nell'Allegro di molto il portamento degli archi è vivace, reattivo, sprizza un'incontenibile energia positiva, ma dopo nemmeno un minuto si arresta bruscamente per dare spazio al primo ripiegamento espressivo del pianoforte solo. Nella seconda baldanzosa entrata orchestrale il solista raccoglie il guanto di sfida lanciato dall'ensemble inanellando una serie di lucidissime e scattanti quartine. Sciortino è uno strumentista che dimostra pieno controllo della tastiera in tutte le possibili sfumature tecniche ed espressive. La stessa composita struttura del primo movimento (Allegro di molto - Andante - Allegro di molto) suggerisce l'avvicendarsi di emozioni contrastanti, in perfetto accordo con l'Empfindsamer Stil. Nel malinconico Andante centrale si passa dal re maggiore al re minore. In quest'estatico tempo ogni fibrillazione si smorza per dare spazio alla quiete dettata da una melodia che risplende come una pietra preziosa.

Una tenera terra della memoria affiora, ogni sfrontata arditezza, ogni rivoluzionaria esagitazione si placa per lasciare il posto a una delicatezza estrema, dove lo strumento si muove quasi in punta di piedi, qui si lucente statuetta riposta in una cristalliera antica. Un Concerto questo Wq. 43/2 i cui estremi apportano un clima di spiccata vitalità, con la gemma violetta dell'Andante, prima che l'Allegretto ristabilisca il gioioso clima iniziale, tuttavia foriero di un clima più sereno e affabile, sostanzialmente privo dei veementi soprassalti dell'Allegro di molto. Nella Sonatina Wq. 96. H. 449, costituita dai due movimenti di Andante ed Arioso e Allegro, pare ristabilirsi quel linguaggio ornato, di confidenziale grazia, che fu proprio dello Stile Galante. Messa momentaneamente da parte quella fremente foga tipica di Carl Philipp, si dà spazio a un fluente eloquio barocco, incantevole nel suo erratico andamento. Assistiamo qui a una sorta di processo a ritroso, che conduce al Ricercare del rinascimento e del primo barocco, dove riconosciamo il carattere dell'improvvisazione come sperimentazione sulle possibilità anche timbriche dello strumento. Squisitamente "mozartiano" è il movimento che segue, con la sua particolare grazia liberatrice snebbia la precedente atmosfera, intrisa d'intima riflessività. L'impeto e i forti contrastati si riaffacciano nel tripartito Concerto in mi maggiore Wq. 14/2. H. 417, dove forse si avverte una maggior integrazione tra strumento solista e orchestra.

I frequenti spostamenti tonali sorprendono l'ascoltatore, creando in lui quella spiazzante sensazione in cui non si sa mai dove il compositore voglia andare a parare. Le modulazioni portano spesso a tonalità molto distanti fra loro, per di più raggiunte senza troppi giri di note, le quali generano in chi ascolta delle sensazioni stranianti, che vanno oltre il mero gioco della sorpresa per farsi traghettatrici verso terre inesplorate. Veniamo assaliti da una specie di disorientamento, ora vago ora ficcante. Elementi come le appoggiature, gli arpeggi, rivestono sempre una funzione espressiva piuttosto che meramente ornamentale. Al minuto 6.40 incede un'originale cadenza improvvisazione, scritta dallo stesso Orazio Sciortino che, ricordiamo, è anche compositore di vaglia. In tale frangente dimostra di essere entrato appieno nello spirito sperimentatore che fu dell'autore, ci mette del suo senza causare alcuno iato stilistico, inserendosi con discrezione (ma anche personalità) nel fluire della musica. Il Poco adagio ci porta in uno stato di sospensione dal mondo, portando una speciale contrizione, avvolto in una cupa mestizia ma rischiarato da consolatori momenti d'apertura verso il sereno. Con C.P.E. Bach si ha la costante sensazione di battere una strada scoscesa, accidentata, ricca d'improvvisi saliscendi. Di carattere opposto è lo scoppiettante Allegro assai, antitesi di cervellotici paludamenti scorre fresco e spontaneo tra i guizzi strumentali che orchestra e strumento solista si palleggiano.

La scrittura qui assume carattere di grande vivacità, costringendo lo strumentista a una pronta reattività, sia tecnica sia nelle variazioni d'umore. La Fantasia è un genere in cui Carl Philipp Emanuel Bach doveva sentirsi molto a suo agio, lo evinciamo dalla sua inconfondibile poetica in generale e in particolare dalla Fantasia II in C Major Wq. 61/6, tratta dal Sesto libro delle Sonate, Fantasie e Rondò e presente nella nona traccia del dischetto argentato. È proprio in questa che può dare sfogo alla sua libertà creativa, sentirsi immune da costrizioni formali (cui lui era insofferente), un genere rappresentativo di composizioni molto differenziate dal punto di vista stilistico e formale, muoventesi all'interno di un lasso che spazia dalla Fuga all'improvvisazione. Si apre con uno sbarazzino 2/4 Presto di molto (indicato un 144 di metronomo alla semiminima), contraddistinto da veloci crome staccate. Il clima diventa tenero e sognante nel successivo Andante - Très chanté, in tempo di 3/4, spezzato dal 2/4 Presto di molto che si riaffaccia come la coda di un diavolo. Assistiamo a brevi episodi che si rincorrono come lampi di luce alternati a chiarori più soffusi. Segue il Larghetto sostenuto, frammento distensivo in quest'andamento a elastico, dove i Presto di molto assumono il sapore di bizzarri interludi, con sicuro effetto ironico, soprattutto l'ultimo, seguito da un onirico e rilassato "Librement récité, avec noblesse". La composizione declina con i suggestivi accordi del "trés calme", una sorta di dolce commiato.

Orazio Sciortino si muove con disinvoltura nei vari frangenti, alla stregua di un consumato attore di teatro. La Gleim: Rondeau Wq. 117/19 conclude questo stupendo disco, un Allegro grazioso in 6/8 di gusto squisitamente francese che sembra un "encore" concesso dal maestro al termine di un impegnativo concerto. Ma cosa può dirci oggi un compositore come C.P.E. Bach? Ascoltare la sua musica non si risolve in un'esperienza complessivamente rilassante, un lenitivo per il nostro animo. Costellata com'è di tanti piccoli "shock" emotivi può far perdere la bussola, in ogni caso impone una non indifferente concentrazione e una disposizione ad accogliere l'inatteso, l'inaspettato. Nulla in essa è scontato, preventivabile. È un'arte satura d'inquietudini, nell'alternarsi senza mezzi termini di momenti tormentati con altri di grande serenità. La sua azione di sconquasso degli equilibri barocchi, già iniziata dal padre (pensiamo alla Fantasia cromatica e fuga in re minore per clavicembalo BWV 903) più che suggerire l'ingresso di un elefante in una cristalleria, vede all'opera il raffinato conoscitore di un congegno a orologeria, il quale a un certo punto ha deciso di sovvertirne dall'interno i meccanismi, armandosi degli stessi strumenti che sono stati utilizzati per costruirli. Pensiamo anche alla Fuga a tre voci della BWV 903, ordita su un soggetto cromatico e attraversata da uno sviluppo particolarmente complesso, teso a esaltare la tecnica e il sentimento dei forti contrasti. Ritroviamo dunque in C.P.E. Bach quel campione dell'Empfindsamer Stil (stile sentimentale o sensibile), o più semplicemente Empfindsamkeit (sensibilità), in cui la dialettica si gioca sull'alternanza, anche brusca, di sentimenti contrastanti, come poi avverrà, "mutatis mutandis", nello Sturm und Drang.

Uno stile che si contrapponeva alla concezione barocca degli affetti (Affektenlehre), dove in una composizione si prendeva in considerazione un solo affetto alla volta. Grande importanza riveste in tale contesto il processo improvvisativo, che dona la freschezza del qui e dell'ora a questa musica, comunque pianificato a monte in ogni minimo particolare. È qui che l'autore spariglia le carte, determinato a colpire, sorprendere l'ascoltatore con un inaspettato tsunami. Potremmo definire il genio di Weimar, senza tema di allontanarci dalla sua più autentica essenza artistica, un dionisiaco "metodico", un compositore insofferente alle forme rigide, un musicista dalle sconcertanti arditezze armoniche, un fantasioso errabondo che, tuttavia, riesce a riportare tutto nei confini di una ferrea coerenza interiore. Lungimirante, soprattutto, mai distaccato ma profondamente coinvolto in ciò che scrive; l'unica strada da battere è quella opportunamente citata da Luca Ciammarughi nelle sue note: "Un musicista non può coinvolgere gli altri a meno che non sia lui stesso a commuoversi. Dev'essere capace di abbracciare tutti gli affetti che spera di suscitare nei suoi ascoltatori, perché la rivelazione del suo umorismo farà sì che gli ascoltatori comprendano i propri sentimenti e stimolerà in loro un umorismo simile. Nei passaggi cupi e tristi diventa cupo e triste; questo deve essere visto e sentito nella sua performance. E quando suona frasi vivaci e gioiose, deve mettersi nello stato d'animo appropriato.

Il musicista dev'essere sicuro di provare le stesse emozioni che ha provato il compositore nel scrivere la musica, soprattutto nei passaggi più espressivi". Carl Philipp Emanuel Bach ne ha avuto davvero per tutti, anche per i meri "meccanici" della tastiera, seppur bravissimi: "Troppo spesso sappiamo che chi ascolta grandi maestri tecnici e virtuosi, anche se dotati di talento, non sente nulla: questi maestri suscitano stupore ma non sentimento, e creare un senso di noia. Chi sa comunicare con il cuore, parlando con la fantasia, ha molte più doti del semplice virtuoso che si limita a suonare le note giuste." Orazio Sciortino sa cogliere questo travagliato universo con singolare efficacia. Con lo scatto del centometrista affronta le parti più impetuose, forte di una superba tecnica digitale che sa in ogni momento assecondare i soprassalti del compositore. Restiamo ammirati da un trattamento degli "affetti" così partecipe, dove emerge la sua attitudine a uno stile discorsivo, flessibile, in grado di trasformarsi facilmente in rapsodico. Invidiabile la padronanza che mostra nella calibrazione agogica, in lui particolarmente fine. Si apprezza inoltre un uso del rubato, dell'arioso, di schietta derivazione operistica, nel contesto di una gestione sempre oculata della dinamica (non c'è nulla di "gratuito" in questo disco) che supporta i frequenti e improvvisi cambiamenti d'umore. Manifesta una pronta reattività nel proporre le frequenti modulazioni, anche nel repentino passaggio dal modo maggiore al minore.

Dell'attitudine "operistica" di Orazio Sciortino ebbi già sentore nel suo recital milanese di Villa Necchi Campiglio, Liszt all'Opera, tenuto circa un anno or sono. Nelle sue dita scorsero le avvincenti e difficili Fantasia su temi dell'Opera Rienzi S. 439 (Richard Wagner) - Les adieux, rêverie su un tema dell'Opera Romeo et Juliette S. 409/R. 169 (Charles Gounoud) - Valse de concert su due motivi di Lucia di Lammermoor e Parisina S. 401 (Gaetano Donizetti) - Danza sacra e duetto finale da Aida S. 436 (Giuseppe Verdi) - Morte di Isotta S. 447 (Richard Wagner) - Parafrasi da concerto su Rigoletto S. 434 (Giuseppe Verdi). Nel nostro disco a tutte queste qualità dà risalto una cattura del suono di straordinaria caratura, realizzata da uno dei migliori ingegneri del suono che abbiamo in Italia: Matteo Costa. Eccellenti lo smalto timbrico del pianoforte e dell'orchestra, la dinamica, viva e scolpita, il perfetto bilanciamento tonale e la totale assenza di qualsivoglia "esaltatore di sapidità" digitale che talvolta i tecnici non si fanno scrupolo di usare. Qui tutto risulta naturale, vivo e pulsante, esattamente come dev'essere in una prestazione dal vivo. Pregnanti, infine, le note di copertina, a cura di Luca Ciammarughi, purtroppo disponibili nella sola versione in lingua inglese, tradotte da Clarice Zdanski. È un modo di fare ormai piuttosto diffuso, non nego che abbia delle valide motivazioni, ma che io non gradisco.

 

Sono annotazioni dense di significato, arricchite da frequenti addentellati storici, che danno rilievo alla figura di questo compositore immergendolo in un momento complesso della storia, quello del passaggio dal barocco al classico, aggettandosi poi sul romantico. Una trattazione che non esiterei a definire "multidimensionale", con rimandi anche all'ambito letterario, filosofico e teatrale. Un disco insomma questo "C.P.E. Bach - Piano Concertos & other works for solo piano - Orazio Sciortino - Orchestra di Padova e del Veneto" da conservare gelosamente e mettere in cima alla nostra personale discoteca.

 




Alfredo Di Pietro

Dicembre 2023


 Stampa   
Copyright (c) 2000-2006   Condizioni d'Uso  Dichiarazione per la Privacy
DotNetNuke® is copyright 2002-2024 by DotNetNuke Corporation