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 Maurizio Baglini al MaMu Riduci

 

 

 

Il MaMu (Magazzino Musica) è un nuovo, grande negozio milanese sito in via Francesco Soave, zona Porta Romana. Trecentoquaranta metri quadri di spazio dedicati non solamente alla vendita di spartiti, strumenti musicali nuovi e usati, libri e CD ma anche alla conoscenza, divulgazione, fruizione e condivisione della musica classica. Metaforicamente, se fosse un genere musicale questa realtà nata il 5 settembre di quest'anno si potrebbe definire un azzeccato "crossover" tra commercio e cultura. Il motivo è semplice: proprio come questo si può considerare un aggregato preso in prestito da più generi differenti, il cui risultato supera i confini convenzionali di ciascuno di loro. E' giovanissima ma ha già una gran voglia di fare, in poco più di due mesi ha accumulato un invidiabile carnet di eventi. Concerti, presentazioni di dischi e libri, compresa una promettente collaborazione con Universal Music Italia, sfociata nell'allestimento della "DisCorner", sala dedicata all'esposizione e vendita dei CD Decca e Deutsche Grammophon, etichette prestigiose ora sotto le grandi ali della Universal Music.

Verrebbe da dire, parafrasando la famosa pubblicità, ma cosa vogliamo di più dalla vita? Eppure c'è ancora un particolare da raccontare, visto che il MaMu mette a disposizione del visitatore un servizio Bar-caffetteria, quasi a rinverdire i fasti del caffè letterario, luogo d'incontro di artisti che sorseggiavano una bevanda mentre erano impegnati in discussioni sulla poesia e letteratura. Nel nostro caso il concetto si trasferisce anche al campo musicale, da qualsiasi lato lo si voglia guardare. Nicola, gestore del MaMu, si è alacremente adoperato a rendere grande e completa la sua creatura, con successo si è sforzato di affrancarla dall'effetto "compartimento stagno" allestendo una superficie in cui le numerose tessere vivono si di vita propria, ma hanno come legante l'amore per la musica.

In una metropoli dal congesto andirivieni umano e veicolare come Milano, si sentiva il bisogno di un'iniziativa inedita di questo tipo, mirata ad accogliere l'assetato di musica e soddisfarlo anche sotto l'aspetto della didattica e dell'aggregazione umana. Uno spazio quindi destinato non secondariamente all'intrattenimento con amici e colleghi per lavorare, studiare, rilassarsi e chiacchierare. Il fattore umano è essenziale nella condivisione delle emozioni e la musica è un potente veicolo di suggestioni. Viviamo un'era dominata dai rapporti virtuali, dobbiamo tuttavia renderci conto che il Web può molto ma non tutto e una cosa che non potrà mai appagare è il desiderio di contatto con l'artista in carne e ossa che suona vicino a noi, che spiega, dibatte, narra la sua storia. È così che nell'ambito del MaMu, sfaccettato contenitore, prendono vita incontri musicali di ogni tipo e, di recente, si è affacciata l'idea di organizzare un corso di alfabetizzazione musicale a cura di Altea Pivetta.

In ognuno di noi c'è in fondo un artista, per chiunque lo voglia quindi esiste uno spazio all'interno del negozio dedicato all'insegnamento del solfeggio, necessario alla lettura della musica e perciò di ogni spartito musicale. Chi fa ingresso nella sala principale si trova in un vasto ambiente Open Space, un po' somigliante a un attempato opificio industriale, nel cui perimetro sono disposti l'arredamento salottiero, diversi scaffali pieni di testi e spartiti. Al centro c'è lui, sua maestà il pianoforte, un Petrof mezza coda pronto per essere sollecitato dalle dita di un abile pianista.

E' in questo stimolante contesto che martedì 10 novembre è avvenuto l'incontro tra il pianista pisano Maurizio Baglini e il pubblico adunatosi per l'occasione. La manifestazione è definita nella locandina come "concerto-incontro", presumibilmente differente dalla lezione-concerto dove l'artista è lì per insegnare. Il sodalizio parole-musica viene mantenuto ma non c'è alcun professore dietro la cattedra poiché il concetto di incontro sta a indicare una maggior simmetria tra chi ascolta e chi parla, vale a dire un'occasione di colloquio e di conoscenza tra persone che si trovano nello stesso luogo contemporaneamente. Esiste un'altra diversità che consiste nell'argomento trattato, meno circoscritto ed a più ampio raggio.

Nelle due sedi de La Feltrinelli a Milano si era parlato esclusivamente dei "Quadri" e delle altre composizioni presenti nel doppio album, oggi si racconta la collaborazione tra il nostro pianista e la Decca-Universal, dagli inizi sino ad oggi. L'incontro si è quindi svolto in un'atmosfera più informale, facilitata dalla divisione meno netta tra strumentista e pubblico, disposto intorno al pianoforte in un grande spazio aperto. Un moto di suoni ed emozioni diffuso concentricamente, come un sasso lanciato nell'acqua che progressivamente si espande verso i margini di un ipotetico stagno sonoro.

L'immagine della locandina dell'evento, la front cover del cofanetto "Mussorgsky: Pictures At An Exhibition And All Other Piano Works" non credo sia stata scelta per caso. La fatica discografica che raccoglie in due CD la non vastissima produzione pianistica del genio russo di fine '800 credo sia un punto d'arrivo, o meglio un'importante destinazione intermedia di un percorso in itinere. La pubblicazione risale all'anno scorso ed ha avuto vasta risonanza, riscosso ampi consensi di pubblico e critica. Chi però si aspettava la proposizione di estratti solo da quest'ultimo album, sarà rimasto piacevolmente sorpreso di ritrovarsi nelle orecchie questi e molto altro.

La presenza di un moderatore d'eccezione come Mirko Gratton, direttore della divisione Classica e Jazz della Universal Music Italia, ha stimolato Maurizio Baglini ad aprirsi con sincerità su diversi fronti dialogici. Gratton non è un musicologo ma un discografico che ha lasciato parlare il pianista di musica mentre lui ha spiegato perché la Decca abbia individuato in Baglini una personalità artistica da seguire. Insieme hanno ricercato non un centro gravitazionale di argomentazione ma piuttosto più centri su cui basare tanti piccoli capitoli di conversazione. Sono stati toccati tasti non solo strettamente musicali ma anche di vita vissuta.

Il Mamu è un centro che la Universal Music Italia ha fin dal suo inizio appoggiato e che potrebbe diventare importante qui a Milano. Nicola, fondatore del MaMu, da parte sua è una persona molto disponibile che sa apprezzare i buoni consigli e accettare il supporto di tutti. La Major ha creato un angolo nel negozio (non a caso chiamato DisCorner) in cui è presente una parte importante del suo catalogo e quando è possibile vengono presentati i suoi artisti. E' il caso di Baglini ma anche di Francesca Dego e Francesca Leonardi, che hanno presentato il disco Decca con le sonate di Beethoven per violino e pianoforte oppure dei pianisti Emanuele Delucchi e Davide Cabassi. La Universal Italia distribuisce produzioni internazionali, il suo compito principale non è firmare artisti, quando lo fa è perché ritiene di essere di fronte a una personalità in qualche modo speciale.

Ci devono essere delle forti motivazioni perché questo accada, a maggior ragione in un paese come l'Italia in cui l'azienda locale ha il compito di fare una politica di commercializzazione. Mirko Gratton rievoca il momento in cui iniziò la collaborazione. Il maestro Baglini fu avvicinato alla fine del 2008, allora era giunto a loro con la fama di essere un grande virtuoso. Non è che la Universal decide d'intraprendere un rapporto con un artista perché sia un virtuoso, all'epoca ne aveva già parecchi come Yuja Wang, per esempio, però sin dal primo incontro Baglini suscitò l'impressione di essere un artista speciale. Fu immediatamente considerato, a prescindere da un accordo economico, quello che poteva essere uno sviluppo di repertorio.

Maurizio Baglini

E' apparso non solo un grande virtuoso, ma come un pianista in possesso di tante qualità, soprattutto capace di episodi di genialità anche nella scelta del repertorio. Estremamente volitivo e con i piedi ben piantati per terra, sapeva che non è facile arrivare e che per farlo bisognava adoperarsi in tutti i modi. Come primo disco propose una cosa stranissima che era la trascrizione di Liszt della nona sinfonia di Beethoven. Liszt aveva creato una versione bipianistica di questa trascrizione nel 1851. La leggenda dice che non avesse un partner adeguato al proprio livello e tredici anni dopo scrisse la versione per un solo pianoforte in cui la parte del coro è scritta in senso opzionale sul terzo rigo, anche se le dieci dita del pianista riescono a coprire tutto. Le case discografiche del gruppo hanno circa centoventi anni di esistenza e non è mai stata realizzata un'integrale delle sinfonie Beethoven-Liszt. Gratton tra l'altro proveniva da un'esperienza non molto edificante di un paio d'anni prima, cioè una trascrizione della sinfonia fantastica di Berlioz che gli era stata magnificata ma che poi si risolse in una débâcle.

Sulla scorta di quest'esperienza allora espresse le sue perplessità per l'opera scelta. Maurizio Baglini aveva speso tre mesi di tempo per imparare a memoria le 208 pagine della partitura e aveva circa 58 date da definire, convinto che a fine concerto ci sarebbe pur stato qualcuno interessato ad acquistare il CD. Per inciso, questo titolo verrà poi proposto proprio a Milano in una versione ancora più particolare. La determinazione del pianista toscano nel sostenere la sua scelta era forte, Gratton era coinvolto dall'idea ma diceva di avere un consiglio di amministrazione cui rendere conto. La caparbietà, il perseverare sulla forza del progetto ha contraddistinto l'inizio della collaborazione. Maurizio ci vide bene: portare avanti una partitura così lunga e complessa si dimostrò non solo un progetto virtuosistico, un calcolato modo per mettersi in mostra.

La realtà si dimostrò più rosea del previsto poiché nei soli concerti furono vendute più di mille copie e tutt'ora il disco è in catalogo, cosa rimarchevole perché nella musica c'è una rotazione di titoli molto veloce ed è facile che dopo due o tre anni il disco esca dall'assortimento, per poi magari rientrare in un secondo momento. La trascrizione della nona fu eseguita tantissimo. Il 4 febbraio dell'anno prossimo si terrà l'inaugurazione della stagione dei concerti straordinari della "Verdi" e verrà eseguita proprio questa trascrizione, insieme a un coro perché Liszt aveva previsto sia la versione per pianoforte che quella per pianoforte e coro. Inutile dire che La Verdi ha aderito con entusiasmo all'iniziativa mettendo a disposizione i propri coristi. Sempre in questa versione è stato portato a termine un esperimento al Teatro Ponchielli di Cremona, successivamente a Pavia e poi con il coro di Radio France. Baglini in seguito propose la pubblicazione in CD di un master che aveva tenuto in serbo per suscitare l'interesse degli operatori culturali.

L'operazione non fu frutto di una meditata programmazione ma avvenne "statim", portata a termine con il Sound Engineer Raffaele Cacciola, curatore di tutte le sue registrazioni. Sovente le riflessioni prendono spunto dalla realtà filtrata attraverso le convinzioni personali. Secondo il nostro pianista oggi l'artista non deve aspettare che arrivi l'occasione per fare un disco ma deve capire dove vuole arrivare attraverso il supporto del disco. Secondo il punto di vista di un discografico il disco è una ragione di vita, ma visto dalla parte dell'artista è un mezzo per creare memoria. Possono cambiare i supporti, oggi c'è la rete, il virtuale ma, se non si registra non si lascia una traccia, rimane impossibile concretizzare una stratificazione storica.
Qui al MaMu Maurizio Baglini esegue quella che è la variazione più complicata, la più virtuosistica di questa nona.

Galeotto è stato questo CD... da lui è iniziato un rapporto con l'etichetta Decca-Universal che ha fruttato sinora sette dischi e che a breve arriverà a nove. In ordine cronologico, i due successivi delineano una delle qualità più importanti di Baglini: la creatività nella scelta dei repertori. Lui riesce sempre nell'obiettivo di dispensare un qualcosa che lo renda particolarmente interessante. Così sono arrivati gli studi trascendentali di Liszt. All'epoca propose d'includere nella registrazione alcuni studi della prima versione. Il compositore ungherese realizzò di questi una prima versione, tremendamente difficile, e una seconda relativamente facilitata nelle difficoltà tecniche, "essenzializzata" è il termine preciso che usa Franz Liszt, stessa cosa avvenne per gli studi di Paganini. Le revisioni alle quali Liszt sottoponeva le sue composizioni non erano soltanto dettate dalla volontà di alleggerire importanti difficoltà tecniche ma soprattutto dal desiderio di rendere più chiara la comprensibilità della comunicazione con il pubblico. Il futuro sta nella diffusione capillare di mezzi nuovi e alternativi di comunicazione culturale, in cui deve prevalere il concetto che lo strumento non è l'unico elemento di diffusione della cultura. L'amore per il compositore ungherese prosegue nel terzo disco per Decca, quel "Rêves" che include brani prima inascoltati come la Grand fantasia de bravoure sur la clochette S.420.

Al di là di tutte le possibili congetture, Baglini mostra un grande interesse per l'inesplorato, la sua avversione per le letture "standard" lo porta sulla via della ricerca. Privilegia un tipo d'investigazione che mira a ripulire la composizione dalle concrezioni consuetudinarie accumulatesi nel tempo. Ecco il segreto della sua straordinaria freschezza. E se ciò che propone era prima sconosciuto, questa effervescenza sale a mille. Nel prossimo disco, del quale però nessun particolare viene rivelato, verrà fatta un'operazione simile per quanto riguarda Robert Schumann. Maurizio Baglini propone al pubblico due degli Études d'exécution transcendante d'après Paganini in versione definitiva: la "Caccia" N° 5 in mi maggiore e la celeberrima "La Campanella", da lui spesso suonata come bis ai concerti.

Uno dei tratti che Mirko Gratton ama di più in Baglini è il valore che attribuisce alla musica, la quale continua al di là delle persone, la sua larghezza di vedute lo spinge a non essere invidioso dei successi altrui. Ogni artista che abbia qualcosa da dire, che aiuti chi ascolta a interiorizzare meglio il messaggio musicale, trova il suo apprezzamento. Dotato di grande apertura mentale, si proietta costantemente verso il futuro, in direzione del passo successivo da compiere. Commissionare nuova musica, aiutare artisti contemporanei diventano atti dovuti per la crescita culturale di ognuno. Maurizio Baglini vanta due importanti direzioni artistiche: l'Amiata Piano Festival (che oggi può disporre di una nuova magnifica sede) e quella del Teatro Verdi di Pordenone. Si potrebbe pensare che chi in Italia compie un percorso di questo tipo lo fa per una certa convenienza, nella prospettiva di aumentare gli scambi e il numero di concerti, non è evidentemente il suo caso visto che attua una politica estremamente trasparente e invita solo gli artisti che gli piacciono. Un esempio recente del suo "modus operandi" è l'opera di Azio Corghi "...tra la carne e il cielo", composizione per voce recitante maschile, violoncello concertante, soprano, pianoforte e orchestra commissionata per il Teatro Verdi di Pordenone in occasione del quarantesimo anniversario della morte di Pier Paolo Pasolini.

Azio Corghi è il decano della composizione contemporanea italiana, un grande tecnico del contrappunto che ha lavorato tanti anni con José Saramago, premio Nobel per la letteratura nel 1998. Traspare in Baglini l'orgoglio per essere stato dedicatario del suo Concerto per pianoforte e archi "Filigrane bachiane", a lui e alla sua compagna (la violoncellista Silvia Chiesa) è invece destinata la "Chanson d'élite" per violoncello e pianoforte.
Il maestro Tito Ceccherini, che ha diretto il brano con l'Orchestra Filarmonica di Torino, era presente alla serata. Un forte attivismo culturale è stato prerogativa di grandi figure del passato, Mendelssohn per esempio che portò l'Orchestra del Gewandhaus di Lipsia a livelli di eccellenza assoluta impegnandosi anche nella riscoperta di capolavori dimenticati del passato.

Fa piacere constatare come oggi molti musicisti diano il loro contributo in questo senso e Baglini è tra questi. Con l'Amiata Piano Festival si è avviato un percorso bellissimo ed entusiasmante. Partito da dimensioni quasi "domestiche" con degli amici nelle colline maremmane, oggi, dopo undici anni di attività, è una manifestazione di vasta risonanza che può contare sul Forum Fondazione Bertarelli, un auditorium dall'acustica all'avanguardia e dalle originali soluzioni architettoniche. Situazione diversa per il Teatro Verdi di Pordenone, il quale nasce come teatro di prosa in cui a un certo punto si è deciso di fare anche della musica che andasse fuori dai circuiti tradizionali.

Ma riprendiamo a parlare dell'excursus discografico. Altro progetto di grande successo è stato "Scarlatti-Baglini In Tempo Di Danza". Qui il rischio di scadere nell'ovvio era reale, ci sono in giro centinaia di "Compilation", ma Baglini ha offerto anche in questo caso una chiave di lettura particolare. Il compositore napoletano scrisse quasi seicento sonate per clavicembalo che oggi vengono deliberatamente suonate su un pianoforte moderno. Nella loro perfezione cristallina, nelle melodie che scorrono fluide e sinuose il pianista si è reso conto che contenevano molto spesso, anche tra le forme più toccatistiche, degli elementi di danza come il fandango, la ballata, il minuetto, l'opera buffa vista in senso danzante. Lui si è dovuto avvicinare alla danza anche in qualità di consulente musicale, ha capito una volta di più e grazie a questo disco che la musica non può essere separata da altre forme d'arte, come il teatro, il cinema, la letteratura, la poesia e la danza, che ne è strettamente collegata.

Tra l'enorme corpus di sonate scarlattiane ha cercato anche quelle che scardinano la forma, diverse di queste infatti divergono dalla classica forma monotematica bipartita. Ha ricevuto grande gratificazione da questo disco in quanto gli ha consentito di fare una cosa che ama molto: uscire dall'etichetta. La sua storia artistica parla chiaro, sin dagli esordi è andato nella direzione di superare gli stereotipi, per questo continuerà ad amare Liszt soprattutto come grande uomo di "spettacolo". Uno straordinario "mattatore" che è vissuto a lungo affrontando tanti generi musicali, senza dimenticare che ha avuto la genialità di creare la forma del poema sinfonico. Maurizio Baglini incanta il pubblico interpretando due delle sedici sonate di Domenico Scarlatti presenti nel CD: la malinconica K 466 (L 18) e la K 162 (L 21), sempre dal carattere meditativo ma più serena e mossa da scatti felini nella parte centrale.

Maurizio Baglini imprenditore di se stesso, è l'argomento messo in campo da Mirko Gratton per stimolare l'espressione del suo pensiero su questo punto. Ci sono due modi per pianificare una stagione, uno consiste nell'avere un mandato dal Consiglio di Amministrazione, poi si chiamano le due o tre agenzie più importanti sapendo già più o meno di quanto si dispone, si mettono le crocette sulle date e la stagione è fatta. L'agente è utile se dialoga con l'organizzatore e capisce di cosa c'è bisogno, il problema che spesso si presenta è che i circuiti alla fine funzionano solo se sono soddisfatti certi criteri, vanno bene perché "girano" e per il fatto di avere un certo repertorio. Purtroppo questo modo di procedere ha fatto sparire l'individualità e la tipicizzazione di ogni situazione. Baglini ha personalmente sofferto un po' per questo. Spesso si è trovato a collaborare con diverse agenzie ma ha trovato sempre difficile far comprendere le sue desiderata, indipendentemente dal risultato immediato. Questo tipo di comprensione non avviene quasi mai.

Ci sono persone anche molto competenti però è molto più utile pagarsi una segretaria o una persona che possa aiutare nel cartaceo, ma far parte di una "lista da supermercato" dove si è uno dei tanti e si fa fatica a essere riconosciuti non è suo avviso una scelta intelligente. Ci sono esempi di giovanissimi artisti molto talentuosi che inseriti in un'agenzia magari lavorano, il problema è però vedere per quanto tempo. Abbiamo avuto casi eclatanti trattati come carne da macello, dopo pochi anni messi da parte o sostituiti da altri. E' un'opzione che incoraggia a non seguire o per lo meno a ritenere che sia quella la strada giusta per fare carriera. C'è il modo di costruire percorsi molto poco battuti per farsi notare.

E arriviamo all'ultimo lavoro pubblicato da Decca, risalente a un anno fa, vale a dire l'integrale delle composizioni pianistiche di Modest Musorgskij raccolte in due CD. L'idea di partenza era offrire il caposaldo pianistico "Quadri da un'esposizione", allargata in corso d'opera a un vero e proprio progetto di ricerca. All'ultimo momento sono venuti fuori un paio di brani non preventivati e sfortuna ha voluto che si sforasse (di poco) dal minutaggio massimo consentito da un CD. Alla fine i dischetti argentati sono stati due, per una durata totale di 1 ora 53 minuti e 34 secondi. Il secondo CD contiene innanzitutto un'inedita sonata a quattro mani, interpretata con Roberto Prosseda, poi tanti altri piccoli pezzi, spesso di facile esecuzione rispetto ai "Quadri" ma di grandissima poesia come "Une larme", spesso suonato da Baglini come bis ai concerti. Il compositore russo fu un bambino prodigio, in grado all'età di nove anni di interpretare il concerto per pianoforte e orchestra di John Field, il pianoforte fu poi abbandonato, nonostante le enormi potenzialità di Musorgskij. "Una lacrima" è l'ultimo pezzo scritto dal musicista prima della morte. Pur rimanendo il fulcro del doppio album i "Quadri da un'esposizione", l'ascoltatore rimane sorpreso da quanta bellezza e poesia ci siano dietro dei "semplici" fogli d'album, forse messi in ombra dai poderosi "Quadri", che rappresentano la cellula creatrice del progetto discografico.

Mirko Gratton

Il lavoro del maestro Maurizio Baglini con Decca si svolge quindi su una progettualità a lungo termine. E' sua ferma convinzione che prima di realizzare un disco bisogna sapere a cosa serva, quali siano le sue finalità sociologiche e culturali ma soprattutto bisogna essere in grado di esprimere un certo livello di qualità. Sempre nell'ottica di allargare la partecipazione del pubblico, si è espresso da tanti anni in vari frangenti, ha creato un progetto dedicato al multimediale presentato al festival de la Roque d'Anthéron in Francia, oltre che in alcune università. Il maestro con questo album è convinto di aver conferito un nuovo valore ai "Quadri". Da questi ascoltiamo le due Promenade più contrastanti, la iniziale e quella onirica, e gli ultimi tre brani: catacombe (sepolcro romano) - con i morti in una lingua morta, la capanna sulle zampe di gallina (Baba Jaga) e la grande porta (Nella capitale Kiev).

L'integrale di Rachmaninov per violoncello e pianoforte sarà il prossimo oggetto tirato fuori dal cilindro magico Decca. Da infaticabile ricercatore Baglini registra delle composizioni sconosciute anche agli addetti ai lavori, a parte la nota grande sonata per violoncello e pianoforte. Altro progetto degno di nota è il secondo album dedicato a Schumann, parte di un progetto a lungo periodo di cui però preferisce non anticipare nulla.
La serata si conclude all'insegna di uno splendido Schumann, con l'intermezzo (Colla più grande energia) dal carnevale di Vienna Op. 26, brano ricavato da un Lied e diventato a posteriori quello più importante della composizione.

Da sinistra: Tito Ceccherini, Maurizio Baglini, Raffaele Cacciola

 

Alfredo Di Pietro

Novembre 2015


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