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Donnerstag, 26. Dezember 2024 ..:: L'aristocratico di Leningrado ::..   anmelden
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 L'aristocratico di Leningrado - Francesco Maria Colombo minimieren


 

 

Probabilmente chi legge "L'aristocratico di Leningrado" si chiederà per quale ragione l'autore abbia ripreso il titolo del libro da quello del sesto capitolo. È lui stesso (in realtà molto più di un "semplice" scrittore) che nella Premessa fa qualche dichiarazione in merito. Le indicazioni che ci fornisce non sono tuttavia esplicite, ma riferiscono di un "segreto" che ognuno potrà scoprire immergendosi nella lettura di queste circa quattrocento - deliziose - pagine. Vi confesso che, personalmente e senza voler incorrere in una piccata disapprovazione dell'autore, ho pensato che più rappresentativo dello spirito che anima questo tomo fosse l'ultimo capitolo (il sessantesimo), intitolato "Papillons", in ragione della sublime brevità di ogni tappa del ponderoso volume. Un omaggio al grande Robert Schumann ma anche alla fugace vita delle farfalle, gli entomologi ci dicono non più lunga di poche ore in alcune specie. Un capitolo di cinque pagine esatte che reca in se profondi significati, vaporoso nella sua levità ma allo stesso tempo profondo, proprio come i Papillons Op. 2 di Schumann, archetipo di quelle connessioni nascoste, come dice l'autore, di quelle parentele segrete cercate lungo la storia delle arti. La ricerca di quel "Doppelgänger" residente in ciascuno di noi in una sorta di conflitto permanente. Una cosa è certa: il filo rosso che lega tutti i temi trattati è la presenza di un riferimento musicale, una bussola che rischia essa stessa di smarrire l'orientamento a causa della straordinaria densità di contenuti, dall'eterogeneità degli spunti e situazioni, le quali rischiano di dirottare l'attenzione del lettore verso molteplici direzioni.

Alla fine però il cerchio si chiude, tutto si risolve in una messa a fuoco estremamente nitida dell'argomento trattato, al riparo da secche didascaliche e approssimazioni di sorta, dove tutto è sostenuto da una prosa lieve e di luminescente eleganza. Ci avvediamo allora che quello sciame ben ordinato di colori, immagini, emozioni, storia e bellezza, dispensati a piene mani dal nostro "Artifex", altro non fa che incrementare la nettezza dei contorni dell'oggetto che ammiriamo, come in un paragone audiofilo tra un file audio Mp3 a basso bitrate e un HD 24 Bit/192 kHz. Nei sessanta brevi capitoli del libro, quello che si poteva - a torto - paventare, cioè un effluvio letterario con qualche sospetto di dandysmo, insieme a una prosa dalla silhouette elegantissima e un po' "flou", si manifesta nei fatti come il suo esatto contrario. Complice una tornitura letteraria di primissimo livello, sempre molto personale e dall'architettura che fa pensare a una partitura musicale, assistiamo al materializzarsi di ogni argomento in guisa di dettagliatissima fotografia, come sola poteva dare nell'era analogica una pellicola a bassa sensibilità. Nell'intervista concessami da Francesco Maria Colombo nel dicembre del 2019, emerge la figura di un intellettuale quanto mai eclettico, assetato di bellezza e conoscenza, deciso a sfruttare il suo transito terreno organizzandolo con geometrica precisione in quindicenni, affinché neanche un secondo venisse perso nell'inazione.

Un uomo che a pieno diritto potremmo definire di mondo. Scrittore, direttore d'orchestra, fotografo, saggista, critico musicale e conduttore televisivo, iniziò molto presto l'attività giornalistica (nel 1981, appena sedicenne) firmando articoli di critica musicale per L'Ordine di Como e seguendo le manifestazioni musicali internazionali. Ha collaborato con il mensile Piano Time, e, come titolare della critica musicale, con il quotidiano Avvenire fino al 1993, anno in cui si è iscritto come professionista all'Ordine nazionale dei giornalisti. Nel medesimo anno è stato assunto come critico musicale al Corriere della Sera, presso il quale ha lavorato ininterrottamente sino al 2001 in qualità d'inviato presso i principali Festival e teatri in Italia e all'estero. Nel contempo ha svolto una ponderosa attività saggistica per i principali enti musicali italiani. Nel 2001, su incoraggiamento di Gian Carlo Menotti, ha abbandonato la critica musicale per intraprendere la carriera di direttore d'orchestra, debuttando nel concerto in piazza a conclusione del Festival dei Due Mondi, evento teletrasmesso in diretta dalla Rai. Colombo è tornato al Festival dei Due Mondi l'anno successivo, nel 2002, dirigendo le due opere di Menotti "The Telephone" e "The Medium" con la regia dello stesso compositore. Da lì ha iniziato un'attività che lo ha portato a esibirsi regolarmente in molti paesi del mondo, oltreché in Italia.

Nel campo operistico ha legato il suo nome soprattutto al repertorio donizettiano, mentre nell'ambito sinfonico ne ha uno vasto e multiforme, avendo un particolare rapporto con la musica francese e gli autori del Novecento storico. Il 25 aprile 2011 ha diretto a Milano, alla guida del Coro e dell'Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi, Il canto sospeso di Luigi Nono, alla presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. In tale occasione ha unito alla direzione musicale l'analisi della partitura con esempi dal vivo con l'orchestra, e la ricostruzione delle coordinate stilistiche e culturali degli autori presentati. Formula ripetuta in un'altra serie di appuntamenti, sempre con l'orchestra Verdi, in occasione di Expo 2015. Sul versante discografico ha inciso nel 2009 un CD dedicato al balletto "Mille e una notte" di Victor de Sabata, riscoperto dopo un lungo oblio, un album che ha vinto il premio della critica musicale italiana indetto dalla rivista "The Classic Voice" per la sezione "miglior debutto". Mosso dalla sua grande ecletticità, nel 2012 ha iniziato un'attività indipendente di fotografo che lo ha portato a pubblicare tre libri monografici. Il primo, dedicato a "Verdi architetto", nel secondo, "Sguardi privati", la sua macchina fotografica ha catturato sessanta ritratti di altrettanti personaggi della cultura italiana (il sessanta dev'essere un numero per lui aureo). Nel terzo volume, "Gli ori di Parma", ha affrontato il tema del lavoro e della trasformazione del cibo nelle industrie alimentari di Parma.

Nel 2014 è stato autore e conduttore del programma televisivo Papillons su Sky, per il canale Classica HD e attualmente si sta dedicando alla serie "Kaisewalzer", in onda sulla stessa emittente. Nel 2018 esordisce come romanziere con il volume "Il tuo sguardo nero". Questo lungo inciso biografico per dire come FMC non si sia limitato a vivacchiare, come la maggior parte di noi, ma ha voluto fortemente assorbire ciò che di bello, di nobile e di grande può darci la vita. Accorto comunicatore, amante della brevità, ha perfettamente compreso come al giorno d'oggi uno stile verboso non sia propizio. I social, mettiamoci se vogliamo anche la messaggistica WhatsApp, ci hanno imposto dei tempi di concentrazione che risentono del veloce scorrimento di testo e immagini. Questa è probabilmente la ragione per la quale ogni puntata di Kaiserwalzer non va oltre i dieci minuti, così come ogni capitolo dell'Aristocratico si sviluppa in una media di quattro, cinque pagine. Un esiguo numero significativo di una comunicazione che è mutata nel tempo, oggi più snella e veloce, assimilabile per altro a quella dei giornali, dove si possono leggere quegli articoli dotti di terza pagina, i cosiddetti elzeviri, che mostrano le tipicità di una trattazione erudita ma piuttosto succinta. In questa sua ultima fatica letteraria non siamo in presenza di un lessico che ha nella ricercatezza il suo primario obiettivo, piuttosto è la pertinenza, adorna di un'ammirevole sobrietà, quella che emerge e alla quale credo l'autore non intenda in nessun modo rinunciare.

L'uso intensivo di termini stranieri, prevalentemente francesi e tedeschi, potrebbe essere scambiato per la volontà di colpire il lettore con l'arma della sofisticatezza, una specie di vezzo oggi sin troppo abusato. In realtà, non infastidisce affatto poiché concorre alla definizione di stati d'animo e concetti che avrebbero minor efficacia se espressi con termini più anodini. L'autore riserva così a ogni frangente narrativo una costruzione letteraria che aderisce come una seconda pelle alla tematica abbracciata, assoluta è la sua proprietà di linguaggio, tale da sgombrare il campo da ogni possibile dubbio o malinteso semantico. Amante della concisione ma anche di quell'assortimento che mette in fuga la monotonia, gli piace toccare ogni corda dell'animo umano. Una fotografia o un'immagine pittorica (che spesso dicono più di mille parole) sono messe all'inizio di ogni capitolo e ci calano nella particolare atmosfera che seguirà. Nel primo, "Il cacciatore di farfalle", vediamo un intenso ritratto fotografico di Vladimir Nabokov, nel terzo c'è l'immagine di una sorridente Rosemarie Nitribitt, ragazza squillo di lusso tedesca la cui morte violenta provocò scandalo nella Germania del Wirtschaftswunder. Quella stupendamente poetica scattata dal grande W. Eugene Smith "A Walk to the Paradise Garden" non manca di suscitare un'intensa commozione in chiunque la guardi. Ho osservato e riosservato, attratto da una sorta di magnetismo al quale non mi sono potuto opporre, l'immagine della bellissima Lina Cavalieri (nel capitolo 20: La più bella) o quella enigmatica che introduce al capitolo 25, La maja sospesa.

Sono rimasto profondamente suggestionato, nel capitolo 31 "Bianco su bianco", dalla foto di Herbert George Ponting "Grotta di un iceberg" dove si vede un paesaggio antartico attraverso una fessura dalle forme vagamente erotiche. Una sorta di riesumazione plutarchesca c'è in Morti parallele, titolo del 46° capitolo, molto breve ma intenso. Qui si parla della pellicola, ripresa con una tecnica che diventa pura invenzione visuale, Before Night Falls (Prima che sia notte), in riferimento all'autobiografia del poeta cubano Reinaldo Arenas. La musica, o il suo spirito, è costantemente presente in queste pagine, talvolta occupa il silenzio riposto tra le parole, talaltra accompagna festosamente la narrazione in una specie di "roomtone" di fondo che fa da sostegno alla prosa cristallina. Ne L'aristocratico di Leningrado non trovano però posto soltanto sentimenti elevati e nobili visioni, ma anche delle rivelazioni che aprono gli occhi a chi non fa parte delle cerchie musicali; si tratta di notizie, dal carattere molto meno gentilizio di quanto la somma arte possa far supporre, portate alla nostra conoscenza da chi la sa lunga sull'ambiente. È una tematica contemplata nel capitolo 33, "Un passo dietro la musica", che disvela un retroscena fatto di malignità, di cattiverie, invidie, gelosie e perfidie senza pari. Nell'emblematico racconto di Nina Berberova, L'accompagnatrice, si agitano le inquietanti (e laceranti) dinamiche psicologiche che si creano tra una cantante di successo e la sua accompagnatrice al pianoforte, quest'ultima dimessa, di famiglia povera e destinata a stare sempre un passo indietro rispetto alla star canora.

Nel capitolo 11, "Gli occhi del lupo", il testo è preceduto dall'inquietante immagine di Grigórij Efímovič Raspútin; a un certo punto vengono fuori determinati "particolari" sulla sua cospicua dotazione sessuale, evidenti nel pene conservato in un barattolo di formalina nel museo dell'erotismo di San Pietroburgo. Neppure la filosofia sfugge alla penna indagatrice di Francesco Maria Colombo: nel capitolo 38 (La cuffietta del filosofo) si parla di un uomo di bassa statura che conduceva una vita piuttosto grigia, certo Immanuel Kant, che la madre soleva chiamare "il mio ometto". L'ironia la fa da padrone nell'umoristico "Non sparate sul tossitore" (capitolo 50), dove viene citato il pungente racconto a firma di Heinrich Böll contenuto nella raccolta "Vai troppo spesso a Heidelberg". Sono soltanto dei piccoli esempi estrapolati da un libro che viaggia su livelli davvero alti in ogni sua parte. A questi se ne potrebbero aggiungere molti altri, ma non vorrei a questo punto incorrere nei rigori del diritto d'autore e proprietà intellettuale. L'aristocratico di Leningrado, sottotitolato Viaggi tra musica, arte, cinema, letteratura, fotografia e cocktail ci dà l'occasione di compiere un lungo viaggio tra quelle costellazioni popolate da stelle (le arti) e le loro creature (gli artisti), fatto a bordo di una lussuosa e confortevolissima limousine. Leggendo questo libro non si ha l'impressione di visitare il migliore dei mondi possibili, ma il più realistico e sfaccettato senz'altro.

Alfredo Di Pietro

Marzo 2022


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