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domingo, 22 de diciembre de 2024 ..:: Intervista al soprano Liudmila Zhiltsova ::..   Entrar
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 Intervista al soprano Liudmila Zhiltsova Minimizar


Foto di Maksym Baraniuk

 

 

Alfredo Di Pietro: Liudmila, lei inizia lo studio della musica molto presto, all'età di cinque anni, con delle lezioni di violino e pianoforte presso l'Accademia di Musica dedicandosi per qualche tempo anche alla danza classica. Cosa l'ha convinta poi ad abbracciare definitivamente l'arte canora, diplomandosi in Canto Lirico presso il Conservatorio Statale di Musica M. Glinka di Magnitogorsk?

Liudmila Zhiltsova: Ho amato la musica sin da piccola. Mia madre raccontava che quando piangevo in culla l'unica cosa che riusciva a tranquillizzarmi era proprio la musica. I miei genitori mettevano un disco di sinfonica sul giradischi ed io smettevo subito di piangere. È chiaro che questo fatto non lo ricordo personalmente, ma rammento che dall'età di tre, quattro anni mi piaceva molto ascoltare musica sinfonica. Entrambi i miei genitori, compresi i nonni, pur non essendo musicisti, erano molto appassionati di musica. Mia madre era un ingegnere, cantava molto bene e nei suoi sogni c'era quello di diventare una cantante professionista. La mia bisnonna paterna era di San Pietroburgo, suonava molto bene il violino e papà insistette per farmi studiare questo strumento nella scuola di musica. A dire la verità non amavo particolarmente il violino, ne intrapresi lo studio più che altro per accontentare il desiderio di mio padre. Tuttavia mi veniva facile studiarlo, anche se non mi applicavo molto a esso. Conseguii comunque degli ottimi risultati, con il massimo dei voti e la lode. Passando gli anni, mi accorsi che provavo grande soddisfazione nel suonare in orchestra, e, se non fossi diventata una cantante, avrei certamente continuato a lavorare come orchestrale. Ho suonato per tre anni nell'orchestra sinfonica della città di Magnitogorsk, in Russia. Mia madre, prima di diventare ingegnere, aveva passato l'esame di ammissione al Conservatorio di Ekaterinburg per studiare canto lirico. I suoi genitori però glielo impedirono perché reputavano poco serio fare la cantante, in considerazione anche del fatto che lei proveniva da una famiglia di dirigenti. Allora la obbligarono a ritirare i documenti dal Conservatorio, così seguì gli studi d'ingegneria. Dal canto suo, mia madre non ha mai ostacolato il mio desiderio di cantare. Dal violino sono quindi passata al canto in un modo molto naturale, ma siccome papà non voleva che abbandonassi il violino, sempre per accontentarlo ho completato l'intero ciclo di studi di questo strumento.

ADP: Sin dal 1999 lei vive in Italia. Come si trova nel nostro Paese e, in particolare, a Milano, dove ha studiato conseguendo nel 2000 il Diploma di Merito in Canto (Accademia del Teatro alla Scala di Milano) e nel 2001 il Diploma in Canto con il massimo dei voti (Conservatorio "G. Verdi" di Milano), senza dimenticare il Corso biennale di Canto e il Corso AMA, conseguito presso l'Accademia del Teatro alla Scala?

LZ: La mia prima città in assoluto in Italia è stata Torino, che io adoro. Sono arrivata in questo Paese grazie a una borsa di studio, nel periodo in cui si manifestavano le prime aperture della Russia verso l'Europa. È strano dirlo proprio in questo periodo storico in cui viviamo adesso. C'è stato anche il provvidenziale aiuto dei miei genitori poiché questo finanziamento da solo non bastava, neanche all'epoca. Sono arrivata per fare un piccolo stage, inizialmente dovevo rimanere soltanto tre mesi per seguire il corso di perfezionamento presso l'Accademia della Voce di Torino, dove la mia insegnante Wally Salio mi consigliò d'impegnarmi a conseguire il diplomino di Canto, da privatista, al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, cosa che io feci. Mi aiutò lei stessa a fare l'iscrizione, insieme preparammo il programma e alla fine ottenni il titolo con una buona votazione. In seguito fui richiamata dal Conservatorio, che mi propose di entrare direttamente al terzo anno di Canto. Devo ringraziare i miei genitori perché hanno compreso, assecondandola, la mia aspirazione, anche se all'inizio mia madre non voleva assolutamente che rimanessi in Italia, mentre mio padre era favorevole. Alla fine mamma capì che era una cosa importante per me e diede il suo assenso alla mia permanenza. È stata per me una grande fortuna poter studiare al Conservatorio di Milano e poi all'Accademia del Teatro alla Scala, dove ho terminato gli studi ottenendo il Diploma di Merito. Posso quindi dichiararmi felice non solo di essere arrivata in Italia, ma anche di aver studiato in due istituzioni importanti. Nella mia vita sono capitata nel momento giusto e nei posti giusti, cosa che ha contribuito molto a formarmi sia come musicista che come persona. Qui mi trovo bene, amo moltissimo Milano perché mi ha dato tanto e spero di ricambiare quanto ho ricevuto. Non è proprio facile viverci, ha un ritmo di vita elevato, ma è sicuramente una città gratificante.

ADP: La sua prima apparizione in Italia è stata nella parte di Elvira ne "L'Italiana in Algeri" di Gioacchino Rossini. Io l'ho conosciuta come raffinata interprete di Lieder in due occasioni. Ritiene opportuno adottare tecniche di approccio differenti tra l'uno e l'altro genere?

LZ: Canto sempre con la mia voce, con la tecnica che possiedo, seguendo esattamente ciò che è scritto in un Lied. Se in questo è indicato piano o forte, se è contenuto un perché, una storia, io faccio tutto il possibile per esprimerli. Ho sempre un grande rispetto per il suo significato musicale e testuale. Il mio "strumento" è quello. Spero soltanto di riuscire a seguire la tecnica che dei grandi artisti mi hanno trasmesso. Innanzitutto cantare sul fiato e non con il fiato, che in realtà sono due cose completamente diverse. Poi certamente dipende dall'intelligenza e dalla capacità del cantante di saper esprimere o non esprimere determinate cose.

ADP: Sono convinto che la sua vocalità eclettica, dall'intensa espressività, la renda in grado di affrontare le parti più drammatiche. Può dirci con quali autori e repertori si trova più a suo agio?

LZ: Mi fa piacere che lei abbia citato nella precedente domanda la mia parte di Elvira ne "L'Italiana in Algeri". Stiamo parlando di oltre dieci anni fa, allora la mia voce era più leggera. Questa cambia insieme con noi. È stata Mariella Devia a suggerirmi per la prima volta di andare verso parti più liriche, una grandissima cantante con la quale ho fatto le masterclass. Durante le lezioni lei mi disse d'iniziare a considerare l'abbandono del repertorio da soprano leggero per passare a personaggi come la Contessa di Almaviva e Donna Anna. Ho iniziato a farlo con una certa paura, impensierita da diversi dubbi che sorgevano nel voler affrontare dei ruoli più ardui, ma pian piano sono entrata nell'ordine d'idee del soprano lirico, anche se non propriamente drammatico poiché mi sento più adatta come voce al genere più leggero. Tale processo di cambiamento del repertorio avveniva negli anni 2018-2019, prima della pandemia. Pian piano negli ultimi quattro anni, grazie anche alla pausa del COVID-19, ho guardato verso il repertorio nuovo, costatando poi che riuscivo a eseguirlo. La mia voce rispondeva bene, cosa fondamentale. Non basta semplicemente voler fare un nuovo passo, quello è solo l'inizio dell'avventura, ma, ovviamente, bisogna fare i conti con i propri mezzi e capacità vocali, quelli che poi ti permettono di attuare un dato progetto. Le parti che ora vorrei affrontare son perciò quelle di Donna Anna del Don Giovanni e la Contessa di Almaviva delle Nozze di Figaro, entrambe opere mozartiane. Vorrei anche ritornare a esibirmi nel ruolo di Violetta Valéry, protagonista de La traviata di Giuseppe Verdi, personaggio che ho già affrontato diverse volte prima della pandemia.

 

Foto di Egor Lazurenko

ADP: Nel corso di un'intervista, alla domanda di che cosa avvertisse l'assenza nei critici, Elisabeth Schwarzkopf rispose: "Del rispetto per l'artista". È d’accordo con quest'affermazione? Come giudica in generale il livello della critica musicale nel nostro Paese?

LZ: La grande soprano ha dato una risposta molto intelligente, da donna e artista veramente straordinaria qual era.

ADP: Lei non voleva, in buona sostanza, essere giudicata da una persona che non sapesse nulla di tecnica vocale. La mia domanda s'inquadra nella "vexata quaestio" delle competenze specifiche dei critici.

LZ: Però anche avere un punto di vista da parte di persone non proprio esperte è sempre utile. La mia prima maestra di canto, Valentina Korsinkina, diceva sempre che il pubblico è "sprovveduto", ma non sprovveduto, nel senso che capisce tutto con la sua sensibilità. È normale che non tutti siano esperti sulla tecnica vocale, però, quando a cantare è un vero artista, il suo messaggio arriva comunque. Il rispetto ci dev'essere in ogni caso. Preferisco comunque non rispondere in maniera particolareggiata a questa domanda perché fare critica ai critici non è molto saggio.

ADP: Ricorda con particolare piacere una sua esibizione, d'opera o liederistica, che l'ha emozionata in modo speciale?

LZ: Credo che ognuna provochi un'emozione. Se questo non avviene è perché non hai dato nulla e quindi non ricevi niente. Devo comunque ammettere che, nei concerti tenuti qui in Italia, come bis mi piace molto cantare "Ne poy, krasavitsa, pri mne" di Rachmaninov, in italiano "Non cantare per me, bella fanciulla", un testo che parla della nostalgia per il proprio Paese. È importante conoscere la vita di quest'autore, comprendere le circostanze in cui ha scritto questo toccante Lied. Ogni volta che lo canto, ma anche ora che ne sto semplicemente parlando, sento una grande emozione salire dal mio intimo e questo avviene sempre. A volte devo addirittura placarla, altrimenti non riesco ad andare avanti nell'esecuzione. E questo non va bene, non è professionale.

ADP: Penso che sia il pubblico a dover emozionarsi, senza che lei venga sopraffatta dal sentimento.

LZ: Esattamente.

ADP: Quali sono secondo lei le cose più importanti che aiutano un soprano a fortificare le sue qualità interpretative?

LZ: È una domanda formulata brevemente ma che m'induce a riflettere molto. "In primis", avere una buona voce e tecnica vocale è fondamentale. Assodato questo, ciò che conta veramente sono le esperienze di vita che si accumulano nel tempo. Quand'ero molto giovane avevo una buona voce, con una tecnica valida, ma tutti i ragazzini, compresa me, quando cantano un pezzo si vede che capiscono ben poco. Cosa mi risponde se Le chiedo: "Quali emozioni formano la personalità nella vita di un individuo, più quelle positive o più quelle negative? Le positive devono assolutamente esserci, ma, personalmente, credo mi abbiano formato in maggior misura le negative. Quando si è già vissuta la perdita dei genitori o quella di un amore, nel momento in cui prendi un testo e lo studi nella tua interpretazione cambia tutto. E il pubblico lo sente. Sono certa di quello che dico e gli ultimi concerti che ho tenuto mi hanno confermato questa verità. Le emozioni nel canto le trasmetti attraverso le pause, con il rubato etc., che acquisiscono così un altro senso, un significato profondo e nascosto. Un cantante non deve soltanto aspirare all'insegnante rinomato, e qua non mi riferisco solo agli insegnanti di canto, ma pensare di essere un musicista con una sua precisa personalità. Vorrei ringraziare insegnanti come Luigi Di Fronzo, il mio docente di semiologia e Maria Luisa Merlo, pedagogista, che mi hanno aperto la mente inducendomi a pormi delle domande alle quali non avevo mai pensato prima. Quesiti che mi hanno poi consentito di scoprire cose fondamentali.

ADP: Mi consenta una domanda che va sul personale, su quali cardini si fonda la sua tecnica di canto?

LZ: Non smetterò mai ringraziare i miei maestri di Canto. Innanzitutto, la prima maestra è stata mia madre, poi Valentina Korsinkina a Magnitogorsk, che faceva il tifo per la tecnica vocale all'italiana. Con lei ho studiato per i primi anni, poi sono venuta in Italia. Tra i miei maestri vorrei citare e ringraziare Carlo Gaifa, con lui ho studiato all'Accademia del Teatro alla Scala di Milano. Il mio secondo pilastro è stato, per la tecnica del respiro, Bonaldo Giaiotti, con il quale ho studiato privatamente per circa due anni. Altri due nomi molto importanti che mi hanno aperto la mente sulla tecnica del canto sono stati Marina Krilovici, incontrata nel corso di masterclass all'Opera di Bucharest e con cui ho preso anche delle lezioni da privatista, in Grecia, al Conservatorio di Atene. L'ultimo maestro autorevole che vorrei citare è Mariella Devia, con lei ho fatto diverse masterclass, forse le lezioni per me più dure. Lei è un'insegnante molto rigorosa. Il mestiere di cantante o insegnante di canto è molto difficile perché è vero che ci si basa su cose anche scritte, ma il nostro "strumento" è del tutto interiore. Credo di aver avuto una buona abitudine: nel corso di tutte le lezioni ricevute e nelle diverse masterclass frequentate ho sempre scritto degli appunti, giorno per giorno e anche registrato l'audio e il video durante le lezioni ha avuto per me un grande valore. Riguardandole, nonostante se i miei maestri spiegavano bene, alcune cose le ho comprese dopo, il che significa che al momento non ero pronta a capirle.

ADP: Sono rimasto incantato dalla sua interpretazione di "Das himmlische Leben", finale della Quarta Sinfonia di Gustav Mahler, nell'accompagnamento pianistico di Luca Ciammarughi. La sua voce era eterea nei passaggi angelici e travolgente in quelli drammatici, con una grande adesione espressiva al testo. Ricordo che nel 1984 Leonard Bernstein fece eseguire questa parte da Allan Bergius, celebre voce bianca solista. Volevo chiederle se l'ha mai cantata nell'ambito di un'esecuzione sinfonica.

LZ: No, non ancora, anche perché nel 2019 per la prima volta mi sono cimentata con questo brano. Luca Ciammarughi mi ha proposto di cantare "Das himmlische Leben", ultimo movimento della Sinfonia N. 4 di Gustav Mahler, brano che non avevo mai affrontato prima poiché impegnata in un tipo di repertorio diverso. Lui mi ha mandato lo spartito, che io nemmeno avevo, dicendomi d'iniziare a guardarlo. Conoscevo già il brano per averlo ascoltato, ma sinceramente non ne avevo mai considerata l'interpretazione. La prima esecuzione in presenza del pubblico è avvenuta nell'ambito del Festival milanese PianoSofia, edizione 2020, con Luca Ciammarughi al pianoforte. Inoltre, io e lui abbiamo realizzato un video "campestre", visionabile su YouTube riprese realizzate da Alvise Tedesco. Mi auguro prima o poi di cantare questo brano con un ensemble strumentale, sarebbe una cosa bellissima. Bisogna comunque dire che "Das himmlische Leben" è stata scritta originariamente per pianoforte e voce e solo in un secondo momento adattata per orchestra sinfonica.

ADP: Mi consenta un'ultima domanda Liudmila. C'è un lied o un personaggio operistico che le piace molto ma che non è ancora riuscita a interpretare?

LZ: Si, è Donna Anna del Don Giovanni di Mozart. In realtà qualche Aria l'ho già cantata in concerto, ma non ho mai affrontato questo personaggio nel Teatro d'Opera.

 

Foto di Alfredo Di Pietro


Alfredo Di Pietro

Maggio 2022


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