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sabato 21 dicembre 2024 ..:: Intervista a Gaia Gaibazzi ::..   Login
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 Intervista a Gaia Gaibazzi Riduci

 

 

Alfredo Di Pietro: Maestro, questa domanda la riporterà un po' indietro nel tempo: dove, quando e come è nato il suo amore per la musica e il clarinetto?

Gaia Gaibazzi: Il mio amore per la musica e il clarinetto è nato molto tempo fa, all'età di 10 anni. La mia banda musicale di Savona, la Banda Forzano, è venuta nella mia scuola per presentare gli strumenti; mi ricordo di essere rimasta assolutamente incantata dal suono del clarinetto. Così ho iniziato con loro e, studiando questo strumento, ho avuto modo di entrare in contatto con il repertorio classico, che mi ha subito profondamente colpito. Ricordo il mio amore viscerale per il Requiem di Mozart, passione che mi porto dietro tuttora.

ADP: Le confesso che nutro una particolare simpatia per il clarinetto, strumento che in giovane età ho anche studiato. Iniziai con un Borgani da studio, poi soppiantato da un ottimo Buffet Crampon. Ricordo ancora con malinconia il dilemma tra il bocchino in ebanite o in cristallo, il metodo Lefèvre, le ore e ore passate sugli studi e anche il critico problema delle ance (usavo delle Vandoren). Quando ne trovavo una che mi soddisfaceva, avrei voluto che durasse il più possibile, mi aiutavo con un taglia-ance quando si deteriorava. Sono ormai passati oltre quarant'anni da quei tempi, le chiedo se oggi il problema delle ance è rimasto immutato oppure è cambiato qualcosa.

GG: è e credo rimarrà sempre una questione assai spinosa. Recentemente, alla fine di un concerto, ho avuto modo di parlare con un collega clarinettista e insegnante presso un conservatorio piemontese: era venuto a sentire il concerto insieme ad una sua allieva e lui mi ha chiesto di dare un consiglio a quest'ultima in merito alla carriera musicale e allo studio del clarinetto. La mia risposta è stata: non ti accontentare mai delle ance. Ricerca e investi tutto il tempo necessario per trovare un'ancia che ti possa permettere di suonare e avere il colore che desideri. Questo lavoro richiede tempo e pazienza, ma porta ai più grandi risultati.

ADP: Due tappe molto importanti della sua vita artistica sono l'approccio allo strumento, all'età di 10 anni, e la laurea con il massimo dei voti nel 2015 al Conservatorio "Niccolo Paganini" di Genova. A partire dal 2011 lei è stata docente di musica, clarinetto, teoria e solfeggio in diverse scuole musicali italiane, mentre in anni più recenti ha conseguito il Master in Music Performance (2017) e il Master in Music Pedagogy (2019) presso la Zürcher Hochschule der Künste. Attualmente insegna alla Musikschule Würenlos e alla Musikschule Untersiggenthal Turgi (Svizzera) e lavora presso il Musik Konservatorium di Zurigo. La sua attività concertistica l'ha portata ad esibirsi nei teatri di tutta Europa, collaborando in molti festival come musicista, come il 34° Festival di musica federale a Montreux e altri. Un curriculum "in itinere" che fa impressione, in considerazione della sua giovane età. Tale densità di eventi come ha trasformato nel tempo il suo modo di suonare?

GG: La possibilità di suonare insieme a così tanti professionisti straordinari mi ha permesso di imparare moltissimo e arricchirmi sempre di più ad ogni esperienza. Mi piace affrontare ogni concerto e ogni collaborazione come una sfida, in cui mi metto in gioco e devo dare il massimo. La musica è una forma d'arte così intensa e così piena di sfaccettature, che sarebbe un peccato essere approssimativi. Inoltre l'ottimizzazione dei tempi e dello studio è diventato parte imprescindibile della mia routine.

ADP: Affronta con entusiasmo il genere cameristico, facendo parte di ensemble come il Clariphonia Clarinet Quartet e il Trio Zefiro, all'interno di stagioni musicali importanti; parliamo dei Concerti di Primavera-GOG, Santa Festival and MITOFringe/ Festival Mito Milano, Lange Nacht der Musik Zürich, Tage für Neue Musik Zürich. Come riesce a bilanciare e quanta importanza rispettivamente attribuisce all'attività solistica e a quella d'insieme?

GG: Credo che l'attività solistica e quella cameristica siano intrinsecamente collegate l'una all'altra: l'aver suonato sempre e costantemente moltissima musica d'insieme mi ha permesso di essere una solista migliore. La musica è un lavoro di gruppo e affinchè risulti interessante, magica e indimenticabile, ha assolutamente bisogno di collaborazione tra le varie parti.

ADP: Clarinetto e clarinetto basso, due mondi diversi o due risvolti della stessa anima?

GG: Quando suono il clarinetto basso ho una percezione di me stessa abbastanza diversa rispetto a quando suono il clarinetto. Non so se questo dipenda da una differenza profonda tra questi due mondi, ma sicuramente rende i due strumenti abbastanza indipendenti l'uno dall'altro e con caratteristiche e pregi unici e peculiari di ciascuno, come per esempio la profondità del clarinetto basso oppure la brillantezza del clarinetto.

 

     

ADP: Ho avuto il piacere e il privilegio di poterla ascoltare dal vivo il 25 ottobre 2020, in piena pandemia, nell'evento "Sulle ali del canto", in occasione del Festival Musica a Villa Durio 40^ Edizione. In quell'occasione rimasi molto colpito dalla sua musicalità fresca e istintiva, il suono tornito del suo strumento. Lei considera la partecipazione del pubblico come uno stimolo a esprimersi in maniera sempre diversa, se vogliamo tesa a cogliere gli umori del momento, oppure un elemento stabile che le dà sicurezza?

GG: Credo fortemente che l'arte musicale sia un lavoro corale: gli artisti lavorano prima singolarmente le proprie parti per poi unirle a quelle degli altri alla ricerca dell'armonia e del dialogo. In questo percorso, la musica prende vita e interagisce con il pubblico presente che rende ogni concerto assolutamente un unicum a sé stante con le proprie peculiarità. Proprio per questo motivo, durante la pandemia è stato così difficile per noi musicisti, dato che suonare per sé stessi o per una videocamera toglie completamente l'interazione con gli ascoltatori e quindi, a mio avviso, priva di una parte fondamentale l'esecuzione musicale. A me piace in particolare intavolare un dialogo con il pubblico durante i miei concerti, al fine di trasmettere nel modo più completo i contenuti fondamentali e particolari sfumature dei nostri programmi musicali.

ADP: Sull'onnipresente YouTube è ascoltabile una sua registrazione di grande suggestione, che mi ha fatto molto riflettere sulle qualità espressive del clarinetto basso. Mi riferisco al brano "Elle" dell'arpista e compositrice Patricia Meier, registrato alla Zürcher Hochschule der Künste il 17 dicembre 2018. Sono stato avvolto da un suono incantevolmente dolce, ricco d'intimità e delicatezza, il quale forse contrasta con le fattezze imponenti di questo strumento ad ancia dotato di notevole estensione (circa cinque ottave ), ricco di armonici e dalla voce tenebrosa quando scende sul registro grave. Uno strumento quindi più versatile di quanto comunemente si possa pensare?

GG: Mi trova completamente d'accordo. Io sto cercando da anni di proporre concerti per clarinetto basso e pianoforte oppure clarinetto basso e ensemble: nonostante la bellezza del repertorio e delle possibilità musicali ed espressive di questo strumento, trovo una certa resistenza a investire su uno strumento che a mio avviso non ha nulla da invidiare ad altri, quali il violoncello. Il clarinetto basso ha una flessibilità e una gamma espressiva davvero impressionante e ho in programma di investire sulla realizzazione di concerti dedicati a questo strumento.

ADP: Nell'interessante intervista che ha rilasciato a Radio3 Suite Magazine lei tocca diversi punti di grande interesse. Il suo sguardo artistico che non preclude alcun orizzonte, la naturale curiosità che la spinge a navigare in acque sempre diverse, gli stimoli che riceve dall'interpretazione degli autori viventi. Ne viene fuori il ritratto di un'artista in continua evoluzione, dalla personalità versatile, che offre al pubblico una musicalità cristallina, accattivante e di non difficile presa sulla sensibilità di chi ascolta. Si sente di confermare o smentire queste mie impressioni?

GG: Grazie! Mi sento lusingata dalle sue parole, dato che quelli da lei menzionati fanno parte degli obiettivi che io mi pongo. Questo mestiere ci permette di crescere di continuo e di ricevere sempre nuovi stimoli ed è proprio il motivo per cui sono davvero innamorata di quello che faccio.

ADP: Una domanda classica: quali sono gli autori con cui si sente maggiormente in empatia? Insieme a questa vorrei porle un'altra, collaterale, sugli strumenti da lei suonati, che comprendono anche il corno di bassetto e il clarinetto contrabbasso. Con quale, se ce n'è uno, si sente più in sintonia?

GG: Posso considerare W. A. Mozart, Brahms, Tchaikovsky e Carl Maria von Weber sicuramente tra i compositori con cui mi sento di entrare in più sintonia, forse anche perché sono tra quelli che hanno scritto alcune delle pagine più belle e indimenticabili per il clarinetto. Per quanto riguarda la seconda domanda, non credo di poterle esprimere una preferenza su un clarinetto particolare: ogni strumento mi permette di affrontare ed esprimere un'altra parte della mia personalità  e delle mie idee musicali. Una delle gioie inaspettate dello studio del clarinetto è proprio quella di poter suonare e imparare così tanti strumenti dalle sfaccettature e caratteristiche uniche.

ADP: Maestro, per chiudere l'intervista mi consenta un'ultima domanda, la quale contiene anche il mio personale apprezzamento per la sua arte. Ascoltando l'Andantino. Presto non assai, ma con sentimento dal Quintetto in si minore per clarinetto e archi Op. 115 di Johannes Brahms, nel mio animo si sono affacciate sensazioni tenerissime. Il suo modo di suonare è indicativo di un'espressività affettuosa, immediata, come notevole è l'entusiasmo per la musica che riesce a comunicare. Può parlarci del lavoro che compiuto nell'affrontare questo capolavoro del repertorio cameristico romantico?

GG: Questo credo sia uno dei miei brani preferiti in assoluto. Lo studio dei modelli e delle fonti di ispirazione di Brahms (il quintetto per clarinetto e archi K 581 di W. A. Mozart) è stato sicuramente un punto di partenza fondamentale per capire le basi di questa opera brahmsiana. In seguito ho affrontato l'analisi e approfondimento della partitura al fine di rendere al meglio i desideri dal compositore: una volta raccolte tutte queste informazioni ho cercato al meglio di esprimere le idee musicali volute dal compositore, combinandole con la mia sensibilità e le mie idee insieme a quelle dei miei colleghi archi al fine di creare la nostra versione di questo capolavoro.

 




Alfredo Di Pietro


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